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Coronavirus, il paradosso del lockdown: "Si sceglie la reclusione, ma il virus si evita con mascherine e distanze"

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Iuri Maria Prado
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Dodici mesi di inutile terrorismo salutista, con gli influencer della virologia televisiva assunti a condottieri del modello italiano, sono serviti a non trasmettere l'unico messaggio che invece occorreva diffondere: e cioè che se ti metti una buona mascherina e stai a debita distanza dai tuoi simili, il Covid non lo trasmetti e non te lo becchi. Si è invece scelto di rinchiudere la gente in casa: e si continua. E a prevenzione del possibile assembramento in piazza (facile da impedire con un paio di vigili), si produce il sicuro assembramento condominiale, tutti tombati in casa quando sarebbe meglio, al contrario, uscire il più possibile. Un'informazione efficace su quel criterio elementare è semplicemente mancata. E anziché promuovere la vita normale e il lavoro presidiati da quei semplici accorgimenti, si è preferita la scorciatoia del focolare sussidiato che diventava focolaio, la facile abolizione del lavoro contro la più lungimirante organizzazione del lavoro in sicurezza.

 

 

 

Questa ridicola e persistente discriminazione cromatico-territoriale, con le zone rosse rappresentate quali inevitabili bastioni elevati dalla saggezza governativa contro l'irresponsabilità negazionista, si rivela dopo un anno per quel che è veramente: il rimedio a una prolungata e grave inefficienza dell'azione pubblica. Non si è infatti mai trattato di impedire i movimenti delle persone dopo che queste si sono dimostrate indisciplinate nell'adozione di quei minimi espedienti di protezione, mascherine e mantenimento delle distanze: si è trattato dell'assoluta assenza di comunicazione sull'efficacia di quei modesti accorgimenti, anzi all'inizio persino del messaggio contrario (ce lo ricordiamo?) quando le star della medicina da talk show proclamavano che la mascherina non serviva a niente.

 

 

 

E il fatto che un simile sproposito avesse libero corso non quando né perché era ipotizzabile che le mascherine non servissero, ma quando e perché era certo che non ce ne erano abbastanza nemmeno per i medici; e che quella penuria non fosse dovuta agli effetti di una cospirazione anti-italiana, ma a un'amministrazione non baciata dal colpo di genio di stoccarne a sufficienza (perché mai, infatti, se non servivano?), salvo poi addebitare la colpa agli imprenditori che - egoisti! - pretendevano di non vendere sotto costo, donde la bella pensata del calmiere secondo il modulo calabro-venezuelano che naturalmente faceva sparire tutto dal mercato, ecco, questi sono dettagli su cui un qualche rendiconto sarebbe finalmente dovuto. Ma non ci sarà. Proteggere la vita e il lavoro, doveva essere il monito pubblico. È stato quello opposto: proteggersi dalla vita e dal lavoro.

 

 

 

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