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Vaccino, 700 italiani in Russia per lo Sputnik: "Non sono immuni", al ritorno costretti alla quarantena

Andrea Morigi
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Fra milioni di persone che in 59 Paesi del mondo si sono fatte immunizzare con lo Sputnik V, vi sono anche parecchi italiani. Coloro che risiedono in Russia e coloro che vi lavorano, come il riminese Alessandro Ravaglioli, che afferma di star bene dopo aver ricevuto la prima dose il 14 marzo e la seconda a distanza di 21 giorni, poco prima di Pasqua. Tutto senza reazioni avverse, come del resto aveva previsto anche il suo medico curante italiano, «anche se al test sierologico risultava che avevo una quantità di anticorpi compatibile con un'infezione da Covid-19 sviluppata 7-8 mesi prima», spiega parlando al telefono con Libero.

 

 

 

Ora rimane un interrogativo, di tipo burocratico: l'inserimento del paziente nell'elenco del sistema sanitario nazionale tra coloro che hanno ricevuto l'antidoto. La questione non riguarda un solo individuo, ma circa 4mila connazionali residenti a Mosca, ai quali l'ambasciata ha mandato una lettera con l'indicazione delle cliniche dove, al modico prezzo di 26 euro, possono farsi iniettare il vaccino. Tutta gente, compresi i diplomatici e le loro famiglie, che prima o poi tornerà in patria e alla quale sarà richiesto, poiché proveniente dall'estero, di rimanere in quarantena per due settimane. Ravaglioli, sul modulo che gli hanno fornito sul volo di ritorno, ha scritto a caratteri cubitali: «Sono vaccinato» e lo ha consegnato alla frontiera, dove gli hanno risposto che l'Asl non ha ancora indicato come procedere in questi casi.

Comunque, dato che in Italia non si può decidere quale vaccino farsi somministrare, né tanto meno vi sono garanzie sui tempi, vista l'incertezza sui tempi di distribuzione, per molti l'unica speranza viene proprio dal Cremlino. Sono fra i 600 e i 700, già prenotati per partire da Bologna, con la Eurasian Travel, «ovviamente quando la Russia autorizzerà l'immunizzazione degli stranieri, speriamo in brevissimo tempo», ci spiega il direttore tecnico dell'agenzia Pietro Di Febo. I voli saranno diretti per Mosca, per evitare scali e quindi il ripetersi dei tamponi e il rischio di cancellazioni dell'ultimo minuto. Prima di predisporre il piano, «siamo andati a visitare quattro cliniche nella capitale per verificare e prendere accordi». Fra una puntura e l’altra però passano tre settimane e, visto che il soggiorno è lungo, qualcuno ha già scelto di calpestare i campi da golf sul Mar Nero, mentre altri preferiscono San Pietroburgo oppure andare a perlustrare l’Anello d’Oro.

 

 

 

L’idea era nata a dicembre, sull’onda di qualche decina di richieste di clienti, fra i quali il tour operator cita «molti medici e infermieri, aumentati vertiginosamente in seguito all’entrata in vigore dell’obbligo vaccinale per i sanitari. Dicono di non fidarsi dei vaccini che circolano in Europa. Fosse per loro, partirebbero domani». Così, molti altri fra i 30 e i 35 anni e fra i 55 e i 60, incerti sulla calendarizzazione, da tutt’Italia: prevalgono bresciani e bergamaschi,ma vi sono diversi gruppi familiari anche da Roma, dalla Sicilia, dalla Sardegna, dalla Toscana e dalla Liguria.

Tutti in linea insomma con il 57% dei tedeschi e il 61% degli austriaci che si dicono pronti a farsi iniettare il siero russo, purché sia approvato ufficialmente. I loro governi vorrebbero accontentarli al più presto, come del resto il Veneto e la Campania. L’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali,intanto,indaga su quattro decessi e sei complicazioni registrati da RosPotrebNadzor, ente russo responsabile della somministrazione delle vaccinazioni. Ravaglioli non si mostra preoccupato perché, se vi fossero stati incidenti di percorso, «la Russia sarebbe stata crocifissa, visto l’accanimento dell’Occidente a partire dalla crisi ucraina». E Di Febo conferma:«In Russia hanno vaccinato per primi i militari perché evidentemente non avevano timori. Semmai il problema è in Europa e in Italia, dove la legge sul consenso informato in materia di salute impone di mettere a disposizione la valida alternativa che le persone ritengono opportuna. Se accadesse, ci sarebbe libertà di scelta».

 

 

 

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