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Coronavirus, il vaccino Sputnik prodotto in Italia. Il direttore dello Spallanzani: "Con il via libera, potremmo iniziare subito"

Alessandro Gonzato
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«Se ci sono dei vaccini che funzionano non vedo perché non possiamo utilizzarli». 

Appunto, professore: ce lo spieghi

«Guardi: in Argentina, dove viene somministrato ormai da settimane, lo Sputnik V ha confermato la produzione di anticorpi neutralizzanti nel 100% dei casi».

Ma se il vaccino russo è già usato in mezzo mondo, che bisogno c'è di altri test?

«Voglio essere chiaro: in Europa l'autorizzazione dell'Ema è necessaria, e in Italia spetta all'Aifa, ed è giusto così, anche perché i cittadini hanno il diritto di sentirsi tranquilli. Il punto è che non si può più perdere tempo: bisogna correre, correre e correre».

È stato il professore Francesco Vaia, direttore dell'ospedale Spallanzani di Roma, a contattare Alexander Gintsburg, omologo del Centro di ricerca epidemiologica e microbiologica Gamaleya, dove l'estate scorsa è stato creato il vaccino russo.

«Ci siamo resi disponibili a facilitare la produzione del farmaco, abbiamo parlato coi loro scienziati sia dello Sputnik che degli anticorpi monoclonali» dice a Libero. «Dobbiamo attendere il nulla osta delle Agenzie di controllo, ma ci sarebbero tutti gli elementi per cominciare subito: d'altronde il Lazio rappresenta il 70% dell'attività produttiva farmaceutica italiana».

Quindi avete già trovato le aziende che produrranno il medicinale su larga scala?

«Alcune hanno i bioreattori per farlo, hanno dato la disponibilità immediata. Si potrebbe partire subito, ma mi perdoni: i nomi non li posso fare».

 

 

 

Alcuni esperti dicono che in realtà ci sarebbero difficoltà tecniche qui da noi.

«Non mi risulta, però anche ci fossero, il Fondo russo di investimento - che ha finanziato la creazione di Sputnik - ci ha assicurato che metterebbe a disposizione le tecnologie necessarie come ha fatto in India, Brasile, Cina e Corea del Sud».

Ci faccia capire: lo Spallanzani si confronterà con gli esperti russi e poi darà le informazioni alle aziende?

«Noi analizzeremo la qualità del prodotto. Faremo un lavoro tecnico. Dopodiché ci metteremo a disposizione. Vogliamo dare un'accelerata alla vaccinazione. In Italia saremmo in grado di farne centinaia di migliaia al giorno, ma senza le dosi dalla pandemia non si esce».

In quanto tempo sareste in grado di produrle?

«Pochi mesi».

Lo Sputnik protegge anche dalle varianti?

«È uno degli aspetti più importanti della nostra proposta di collaborazione scientifica, perché Gamaleya non ha potuto isolarle, soprattutto quella brasiliana e sudafricana: praticamente non esistevano da loro. Lo Spallanzani sì, ed è per questo che si tratta di una collaborazione scientifica fondamentale. Ci siamo impegnati a scambiarci informazioni. Ormai siamo oltre l'apprezzamento per il loro vaccino, soprattutto dopo lo studio pubblicato sulla rivista Lancet, che ne ha dimostrato l'efficacia e la sicurezza».

E dire che fino a poco fa lo Sputnik veniva demonizzato quasi da tutti. In Europa.

«Non lo dica a me: io ho sempre combattuto perché si superasse la logica della geopolitica e del brevetto, che infatti Mosca metterà a disposizione. La scienza dev' essere sempre neutra, impermeabile agli interessi industriali e politici. Deve lavorare con un unico scopo: il bene comune».

Ormai non si parla che di varianti.

«Non vanno rincorse, la gente non va terrorizzata. Le varianti vanno studiate ed è necessario adeguare il più in fretta possibile le nostre armi: vaccini e anticorpi monoclonali. Oltretutto oggi in Italia la variante inglese incide sul 53% delle infezioni: a questo punto è anche inutile chiamarla "variante". Si tratta del virus prevalente. Non c'è da girarci attorno, il contagio si combatte solo col vaccino. Nei Paesi avanti con l'immunizzazione, i contagi degli anziani e degli operatori sanitari sono crollati. Ci sono tanti vaccini validi sul mercato: vanno presi».

Come avete contattato Mosca?

«Per vie ufficiali, attraverso il canale diplomatico. Questo per evitare qualsiasi problema, dato che in Italia c'era troppo pregiudizio, e in parte c'è ancora. Si parlava di strani mediatori, truffatori e quant' altro».

I colleghi russi come vivono questa diffidenza?

«Abbiamo preferito non perdere tempo e concentrarci sul lavoro. Noi andiamo dritti verso l'obiettivo: la scienza è scienza, e la scienza, lo ribadisco, è neutra. Se una scoperta è valida, lo è sulla base dei dati, non perché lo dice uno Stato piuttosto che un altro».

Lei ha detto che «c'è qualcuno che auspica e lavora perché la pandemia non finisca mai». A chi si riferiva?

«Volevo dire che è fondamentale andare oltre i burocratismi e le ideologie. E che non si può prescindere da una vaccinazione rapida e di massa».
 

 

 

Lo Spallanzani sta sperimentando anche il vaccino italiano Reithera. A che punto siete?

«Abbiamo terminato la fase 1 e i risultati sono incoraggianti: auspichiamo sia così anche per la fase 2 e 3». Quando potrebbe essere disponibile? «Tra settembre e ottobre, se non ci saranno intoppi. Intanto continuiamo a dire all'Ema: "Fate i vostri controlli, ma non perdete tempo"».

 

 

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