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Coronavirus, Pietro Senaldi: i dieci errori che spiegano il numero di morti in Italia

L'ospedale di Bergamo

Pietro Senaldi
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Adesso siamo tutti contenti perché da domani più di mezza Italia torna in zona arancione. Il cambiamento più rilevante è che chi non aveva aggirato il divieto ricevendolo clandestinamente a domicilio potrà tornare dal barbiere. Durerà? Sterzeremo definitivamente verso il giallo e poi il bianco? La prosecuzione della campagna vaccinale e l'approssimarsi della bella stagione possono far propendere verso il sì, ma il numero dei morti quotidiani di Covid non induce all'ottimismo.

Già, chissà perché, i decessi aumentano solo da noi. Il paragone con gli altri Paesi sulla conta funebre nel mese di marzo è sconfortante. Siamo ampiamente sopra i 40 caduti giornalieri per milione di abitanti mentre il Regno Unito è sotto i dieci, la Germania un po' sopra, la Spagna intorno ai venticinque e la Francia sui trenta. A cosa dobbiamo il primato dei trapassi? Proviamo a dare qualche risposta: sono dieci riflessioni sintetizzabili con il fatto che, oggi come nel marzo scorso, ci troviamo a inseguire il virus anziché a gestirlo perché non abbiamo fatto tesoro di nessun nostro sbaglio e non siamo stati capaci di copiare le strategie vincenti altrui. Una cosa è certa, le zone colorate non servono a nulla, come dimostra il caso Sardegna, un mese fa isola felice tutta aperta, da domani in zona rossa con poche altre.

 

 

 

 

1) Ce ne siamo fregati di chi muore. Abbiamo vaccinato poco gli anziani. Si sa che nell'85% dei casi i morti hanno più di settant' anni, ma noi a fine marzo avevamo immunizzato solo il 44% degli ottuagenari, contro l'80% degli inglesi, il 70% degli spagnoli e il 55% dei tedeschi. In sostanza, abbiamo agito come se non fossimo tutti in clausura perché il Covid è letale per chi è avanti con gli anni. 2) Abbiamo vaccinato i giovani al posto dei vecchi. Gli immunizzati tra i 20 e i 40 anni sono un milione e 700mila, mezzo milione in più dei settantenni.

Questo significa che abbiamo scelto di fare le iniezioni a chi non rischiava la vita, visto che solo lo 0,03% dei morti aveva meno di quarant' anni, piuttosto che alla fascia che rappresenta il 25% dei decessi. Una decisione assassina dovuta alle Regioni, che hanno immunizzato categorie non a rischio, come magistrati toscani o agenti di commercio pugliesi, anziché potenziali vittime. Ma se le Regioni sono colpevoli, ancora maggiore è la responsabilità dello Stato, che non ha deciso né vigilato. 3) La recente decisione di Draghi di procedere secondo criteri anagrafici è giusta in astratto, ma ha risvolti concreti folli. Si prendano le scuole: quando abbiamo deciso di chiuderle, abbiamo vaccinato professori e personale amministrativo; ora che le riapriamo, interrompiamo la profilassi negli istituti, benché manchi solo il 28% di iniezioni per completare l'opera.

Risultato: le scuole non sono in sicurezza malgrado vi siano state fatte centinaia di migliaia di vaccinazioni, che a questo punto diventano davvero buttate. 4) Abbiamo criminalizzato le scuole ma questo non ci è servito a nulla se non ad allevare somari. La curva dei contagi a marzo, con le elementari chiuse, è salita più che nel novembre scorso, quando erano aperte. Peraltro altri Paesi, come la Francia, dove gli studenti sono sempre andati in classe, hanno meno morti di noi. 5) Abbiamo inscenato intorno ad Astrazeneca un balletto che sembrava fatto apposta per scoraggiare le persone a vaccinarsi, specie gli anziani, i quali ne hanno più bisogno.

Prima abbiamo detto che il prodotto britannico non andava bene sopra i 55 anni, poi abbiamo detto che provocava trombosi fatali, infine lo abbiamo consigliato solo agli over 60. Il governo però non si è preso nessuna responsabilità: non ha introdotto l'obbligo di vaccino e ha lasciato alle Regioni ogni valutazione ultima sul siero che ha sputtanato, malgrado l'Agenzia Europea del Farmaco abbia sempre sostenuto che il prodotto era valido e sicuro più dell'aspirina. 6) Abbiamo chiuso a capocchia, secondo criteri ideologici e non sanitari. È stato provato che solo un contagio su mille avviene all'aperto; eppure continuiamo a tenere chiusi bar e ristoranti anche di giorno, con la bella stagione e la luce fino alle 8 di sera. Abbiamo abbassato le saracinesche di esercizi commerciali, come negozi di lusso, dove entrano al massimo 15 persone al giorno, e ne abbiamo tenuti aperti altri con la gente ammassata.

 

 

 

 

7) Abbiamo chiuso male e perciò le serrate si sono rivelate inutili. Il continuo cambiamento di colore delle Regioni, senza una programmazione sulle riaperture, e la mancanza di strategie di contenimento parallele hanno sfiduciato la popolazione, che progressivamente si è industriata per aggirare le regole anziché per rispettarle. Abbiamo sprecato le chiusure, perché non le abbiamo utilizzate per mettere in sicurezza i mezzi pubblici né i luoghi di lavoro e neppure per fare un salto in avanti sulla profilassi, tantomeno sul tracciamento. Risultato: oggi ci troviamo davanti al virus esattamente come un anno fa, e non a caso Colao, oggi ministro, riesuma Immuni, la app per scovare il virus che ha trovato solo 15mila positivi su tre milioni di nuovi contagiati. 8) Non abbiamo investito sulla cura del virus fuori dagli ospedali.

Siamo fermi sulla telemedicina, i medici di base sono abbandonati esattamente come un anno fa e ancora i nostri luminari sono divisi se curare i primi sintomi con la tachipirina o con l'aspirina. Una spaccatura al cui confronto la lotta tra guelfi e ghibellini è una rivalità da oratorio. 9) Abbiamo un finto lockdown, affidato alla buona volontà degli italiani anziché ai controlli. Il governo vieta di trovarsi a cena, ma non ha né le forze né la credibilità per rendere cogenti e rispettati i suoi provvedimenti.

Vieta lo sport sotto il controllo di centri specializzati e palestre ma lo consente al parco, dove i ragazzi si assembrano in affollate partite di calcio come se il Covid non esistesse. 10) La mancanza di un efficace sostegno economico alle categorie alle quali è stato impedito lavorare ha creato un mercato parallelo e clandestino che sfugge a ogni regola di prevenzione. Abbiamo chiuso attività che lavoravano rispettando le regole per lasciare spazio a un Far West dove lo sceriffo non è il ministro Speranza ma il virus.

 

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