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Codice degli appalti, il moralismo legalitario condanna lo Stato alla paralisi eterna

Andrea Cangini
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Cinquanta miliardi di opere pubbliche sono un'enormità, un inedito assoluto. Cinquanta miliardi di opere pubbliche da realizzare attraverso procedure straordinarie in deroga al Codice degli appalti sono un cambio di paradigma, una scelta rivoluzionaria. Il Recovery Plan del governo Draghi è un atto di rottura, la dimostrazione empirica dell'impossibilità di conciliare il pragmatismo di governo con il formalismo burocratico-legalitario delle norme. Fino a qualche settimana fa, quando forze liberali come Forza Italia denunciavano l'assurdità di un sistema di regole pensate non per favorire la realizzazione di grandi opere nel minor tempo possibile e in trasparenza ma per onorare il totem dell'anticorruzione scoraggiando di conseguenza ogni realizzazione, sinistre e grillini levavano gli scudi e contrapponevano una presunta questione morale: giù le mani dal Codice degli appalti! Un modo per rassicurare se stessi (noi esistiamo, e siamo migliori di loro) e delegittimare l'avversario. Oggi è tutto cambiato. Con il consenso dell'Autorità antitrust e il dissenso dell'Autorità anticorruzione, Draghi ha di fatto aderito all'impostazione culturale del centrodestra e questo inedito cambio di cultura e di prassi politica è avvenuto col tacito consenso delle sinistre e dei grillini. Una conversione fino a pochi mesi fa impensabile.

 

 

Metafora

L'ingloriosa fine del Codice degli appalti è la perfetta metafora della differenza che corre tra politica e morale: il politico fa, e nel fare assume dei rischi; rischi per scongiurare i quali il moralista imbriglia e soffoca ogni scelta politica, ogni azione concreta. Improvvisamente, sembra essersi fatto largo nella coscienza pubblica italiana quel pragmatismo che i liberali di casa nostra da sempre invidiano alla cultura anglosassone. Uno spirito che poco ci appartiene. Lo dimostra il fatto che l'Italia sia stato l'unico Paese a recepire in maniera così restrittiva e vincolante la direttiva europea sui lavori pubblici da cui il Codice degli appalti prese forma nel 2016. Un recepimento talmente incongruo da spingere, due anni fa, la Commissione europea a scriverci una lettera di richiamo.

 

 

 

Ora, col precedente del Recovery Plan, l'approccio sembra radicalmente cambiato. Possiamo ora sperare che da oggi anche le sinistre e persino i grillini comprendano che la cultura di governo si fonda sul pragmatismo, che il moralismo legalitario ne rappresenta l'antitesi e che norme ispirate al moralismo legalitario condannano lo Stato alla paralisi e impongono una complessità procedurale che solo la corruzione può effettivamente risolvere. Se non lo capiscono i partiti, si confida che lo capiscano i loro elettori

 

 

 

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