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Ucraina, perché il Pd non può mollare gli "anti fascisti" più duri

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L’Anpi e il Pd la pensano in modo molto diverso. L’associazione dei partigiani, giusto per restare agli ultimi giorni, è contraria all’invio di armi all’Ucraina, critica l’aumento delle spese militari e chiede, tramite il suo presidente, Gianfranco Pagliarulo, «una progressiva dismissione delle strutture Nato». Il Partito democratico, senza scendere troppo nei particolari, è su posizioni esattamente opposte. Quelli che la pensano come l’Anpi, di solito, vengono definiti dai dem, con una punta di disprezzo, dei “putinisti”, se non direttamente dei “fascisti”. Ma coni sedicenti custodi dei valori della Resistenza i toni sono molto più concilianti.

 

Ieri, intervenendo al congresso di Riccione, Enrico Letta ha usato parole dolcissime: «Il Pd e l’Anpi staranno sempre dalla stessa parte del campo, non staranno mai in parti diverse perché il nostro è il campo della Costituzione, è il campo della democrazia, è il campo dei principi dell’anti fascismo». Ma perché tutto questo miele? Semplice: la sinistra di governo, quella leale nei confronti di Draghi, quella pronta ad alzare le spese militari come chiesto dalla Nato, quella attenta ai rapporti con gli Usa, non vuole e soprattutto non può rompere con l’altra sinistra, quella dell’Anpi ma anche dei centri sociali, quella anti americana, quella dell’antifascismo più trinariciuto.

 

Perché se oggi i dem sono al governo con Forza Italia e la Lega di Matteo Salvini, presto o tardi torneremo alle urne. E allora, come sempre, tornerà il pericolo nero, usato come una clava contro gli avversari politici. Tornerà l’allarme fascismo, per provare ad impedire al centrodestra di andare al governo. E allora al Pd serviranno ancora l’Anpi, i centri sociali e i loro voti. Eccome se gli serviranno...

 

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