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Lo Stato-belva ingordo di tasse per pagare la burocrazia inefficiente

 Enrico Letta

Iuri Maria Prado
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È in tempo di pace e in mezzo secolo, non in tempo di guerra né in cinque settimane, che lo Stato ha ridotto così il Paese. Ciò per cui paghiamo non è la guerra, ma la delinquenza dello Stato ladrone che ha devastato la pubblica economia e ha massacrato senza pietà i ceti produttivi per finanziare la propria inefficienza e gli eserciti di parassiti mantenuti dall’italiano su sei che lavora. È la belva di Stato - assetata del sangue di chi fa impresa, di chi rischia in proprio, di chi tenta di stare sul mercato non ostante la sistematica opera di intralcio del malandrino pubblico, di chi lavora fino a Ferragosto non per sé ma per remunerare gli imboscati nei ministeri, le foreste di forestali, i finti invalidi, le pensioni d’adolescenza,i sussidiati in sofà - è quel mostro, non la guerra, come non era prima il Covid, a lasciarci in braghe di tela.

Non vogliamo sentirla nemmeno bisbigliatala parola “sacrificio”, se innanzitutto non comincia a sacrificarsi quella bestia oscenamente stravaccata sul proprio sfacelo. Qui non c’è uno perbene, uno che fa il suo dovere e rispetta i suoi impegni ed è dunque in posizione di chiedere ancora qualcosa. Qui c’è un grassatore, un impostore, un magliaro, e cioè lo Stato, che ti insegue per fotterti e poi scompare quando hai bisogno, fino a quando non torna per fotterti ancora di più. Si metta in dieta, e non rompa i coglioni.

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