Cerca
Logo
Cerca
+

Pd penoso, ora si vergogna pure della storia degli alpini. Che roba è la sinistra

 Emanuele Fiano

Claudio Siniscalchi
  • a
  • a
  • a

Bravo Emanuele Fiano, parlamentare piddino sin troppo ciarliero! Ha perso l'ennesima occasione per starsene zitto. Invece parla. E che dice? Manifesta la propria contrarietà alla istituzione della Giornata nazionale della memoria e del sacrificio dell'Alpino. Forse ha ragione. Basta con queste giornate. Non se ne può più. C'è una giornata su tutto. E invece no. Non è contrario alla pioggia inarrestabile di celebrazioni. Anzi, il suo partito ha votato a favore della celebrazione, proposta dalla Lega. Ma poi ci ha ripensato.
Contrordine compagni, siamo perplessi! Ci eravamo dimenticati che gli alpini nel 1941 con la campagna di Russia, dopo l'invasione dell'Unione Sovietica da parte delle armate di Hitler, avevano combattuto fianco a fianco con i nazionalsocialisti. A dire il vero il merlo canterino Fiano non è poi così contrario. Lo è solo un po'. La data è sbagliata: il 26 gennaio ricorre l'anniversario della battaglia di Nikolaevka, combattuta nel 1943, come detto, con i tedeschi come alleati. Va bene dunque celebrare gli alpini, ma in altra giornata. Un errore imperdonabile, al quale il Pd porrà rimedio. Basta trovare un giorno più adatto. Quindi no alla giornata. No metà e metà. Sì con riserva.

 

 

LE VICENDE DEI POPOLI Potremmo chiudere qui questa vicenda penosa. È Pasqua. Il mondo sta andando a rotoli. Invece dobbiamo parlarne, essendo la spia di un demone che aggredisce la sinistra da sempre. L'incapacità di mettersi in sintonia con l'identità nazionale. Il corpo degli alpini, insieme a quello dei bersaglieri, è parte integrante della nazione. Quanti indossano il cappello con la piuma o quello più largo con le penne di cedrone, rappresentano un tratto costante - ben identificabile e rispettato - dell'iconografia italiana. Come la 500 Fiat, il Festival di Sanremo, la Vespa, l'autostrada del sole, il vestito di Pinocchio, il giro d'Italia. Gli alpini, corpo militare di montagna, roccioso e silenzioso, resistente al freddo e alla fatica, sono un pezzo di identità nazionale, nel bene come nel male.

Nella storia dei popoli - come in quella degli esseri umani - non si possono separare le pagine luminose da quelle oscure. Si possono analizzare, comprendere, stigmatizzare o esaltare. E si possono ricordare.

Gli alpini hanno partecipato alla campagna di Russia nel secondo conflitto mondiale. L'ARMIR ha combattuto. Come in tutte le guerre è stata parte operante della distruzione. Poi, quando la situazione si è drammaticamente rovesciata, il ritorno a casa degli alpini è stato un calvario. Una ritirata disastrosa. Abituati a soffrire hanno sofferto fame, gelo, prigionia, morte. Non erano né buoni né cattivi. Erano soldati italiani chiamati a fare il proprio dovere. Come avevano fatto durante la Grande Guerra. La benevolenza nazionale gli alpini se la sono meritata in quel frangente. Impauriti dalla rotta di Caporetto, gli italiani si sono identificati con il corpo di montagna per la volontà di resistere, di non cedere, di non mandare sprecati i sacrifici fatti.

 

L'intervento di Fiano è particolarmente significativo per una ragione. Anticipa l'ostilità che la sinistra dimostrerà nei confronti di questa Giornata. Così come è successo con le foibe. L'hanno accettata anche se mai condivisa. Le Giornate funzionano solo se sono «politicamente corrette». E la correttezza politica deve essere stabilita, inesorabilmente, dalla sinistra. La Giornata della Memoria, giustamente, va celebrata.
Quella delle foibe no. È il solito doppiopesismo che divide la sinistra (il bene) dalla destra (il male).
Così l'identità nazionale sarà sempre amputata, di parte, di fazione, mai condivisa. Trascorrono gli anni, i decenni, gli uomini, le stagioni. Ma su certi argomenti il passato rimane immobile, ingabbiato, intrappolato in acque melmose. Non passa. Anche quando si arriva ad un compromesso c'è sempre un guastatore, un primo della classe, un interprete dalla volontà universale che si mette di traverso. Un Fiano spunta sempre fuori a distinguere, eccepire, dividere.
È la maledizione delle «due Italie», costante della storia nazionale. L'Unità venne fatta dal Nord contro il Sud.
Dai piemontesi contro i borbonici.

Dai laici contro i clericali in seguito dai fascisti contro gli antifascisti. E poi dagli antifascisti contro i fascisti. Dai democristiani contro i comunisti. L'elenco delle divisioni è ricchissimo. A dividere ci pensa la regione, la campagna, la città, la contrada, la piazza, il campanile, la targa, il nome della scuola. Il Risorgimento venne celebrato dai padri della nazione e maledetto da papisti e nobiltà decaduta. I fascisti si dichiararono continuatori di Mazzini e Garibaldi. Caduto il fascismo, il Risorgimento venne sotterrato da cattolici e comunisti.

IL CONTE DI SANTAROSA - Oggi chi è il conte Annibale Santorre di Santarosa non lo sa più nessuno. Era un giovane colto e benestante, al fianco di Carlo Alberto nella prima battaglia indipendentista, disastrosamente sprofondata nel fango di Novara. Sconfitto, lasciò la sua terra natale, per andare a morire per difendere la libertà della Grecia. Non era né di destra, centro o sinistra. Era un grande italiano. Come gli alpini caduti in tutte le guerre, lontane, ravvicinate e future. Se ci dividiamo anche sugli alpini contribuiamo a sbiadire, infiacchire e separare la nostra identità nazionale. Non ne abbiamo nessun bisogno.

Dai blog