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Enrico Letta dice "sì" alla guerra solo per tenersi la poltrona

Iuri Maria Prado
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Le posizioni assunte da Enrico Letta a proposito della guerra tra Russia e Ucraina è stata giudicata con favore da quelli che si aspettavano qualche timidezza dal segretario di un partito ancora pesantemente contaminato da una forte cultura anti-occidentale e anti-americana. Ma c'è da credere che l'interventismo di Letta - che non a caso si attenua appena c'è modo di prendere le distanze da chi per primo e più fortemente ne reclamò la necessità, vale a dire Boris Johnson- sia piuttosto da intendersi come ragion di Stato, o per meglio dire ragion di Governo.

 

 

Quel che si spaccia come profondità di convinzione del popolo, il proprio, perlopiù assai ben disposto verso le ragioni del pacifismo che si mobilità quando l'Ucraina resiste e non quando la Russia invade, è in realtà il ferreo attaccamento all'idea che per stare al governo si fa qualunque cosa, anche la guerra che il proprio popolo è istigato a ripudiare.

 

 

Nessuno,si sarebbe stupito se Enrico Letta avesse denunciato l'oltraggio alla pace portato dai rifornimenti occidentali a Zelensky. Nessuno dovrebbe stupirsi se oggi accetta di far male alla pancia del partito. 

 

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