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Quote rosa, ci mancavano quelle per le statue...

Hoara Borselli
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C'è la politica e la fantapolitica. La prima è quella che dovrebbe saper intercettare i reali problemi del Paese e cercare di mettere in campo tutte le misure necessarie a risolverli, e la seconda è quella che lotta per principi ideologici.

Con un'Italia stretta nella morsa della siccità, dove gli italiani devono fare i conti con bollette di luce e gas proibitivi, dove decine di aziende falliscono ogni giorno, cosa verrebbe in mente di fare anche al più scarso dei politici eletti per rappresentarci? Semplicemente cercare di affrontare i problemi, magari con idee, proposte e se ci dice bene anche possibili soluzioni. Ho detto una cosa così assurda?

Alla luce dei fatti evidentemente sì. C'è anche chi occupa scranni in Parlamento per dirci che siamo dei visionari a ritenere queste le vere emergenze del Paese, perché ce ne è una ancora più grande da risolvere. E quale sarebbe ve lo dico subito. In Regione Emilia-Romagna il 21 giugno è stata discussa una risoluzione perché non è più tollerabile che ci sia così poca toponomastica femminile.

Un documento a firma "Europa Verde", che a fronte di un'accurata indagine «ha convenuto che lo spazio pubblico in Emilia Romagna è per lo più androcentrico e questo assunto trova conferma nell'enorme sproporzione tra autori e autrici dei monumenti femminili censiti: delle opere che hanno un'attribuzione certa, solo il 5% è stato realizzato da donne, il 4% vede la collaborazione tra autori e autrici, mentre il restante 91% è a firma solo maschile».

Avete capito bene. Non ha alcuna importanza se a Bologna, Rimini, Ferrara, Ravenna razioneranno l'acqua, se i piacentini non riusciranno a pagare le bollette di gas e luce, se a Parma falliranno altre aziende. Tutto questo può comodamente aspettare tempi migliori, l'importante è che si bilanci quanto prima la sproporzione sessuale dei busti e dei monumenti.

Nella risoluzione troviamo scritto anche questo: «Dalla succitata indagine emerge in generale una rappresentazione del femminile in gran parte stereotipata che mostra come il problema non si limiti ad assenza o rimozione di donne nello spazio pubblico, ma riguardi pure le modalità con cui sono rappresentate quelle presenti. Essendo l'esaltazione del sacrificio e della cura quasi una costante, le donne vengono spesso rappresentate mentre svolgono lavori umili e pesanti (vedi ad esempio a lavandaia in via Riva di Reno angolo via della Grada a Bologna) oppure mentre aspettano il ritorno dei mariti dal lavoro o crescono figli; poche si distinguono per i meriti intellettuali, molte per la bellezza e la sinuosità del corpo, con un'enfasi su dettagli leziosi che nulla hanno a che fare con la valorizzazione dell'esperienza biografica specifica dei soggetti rappresentati».

Ma come? Cosa ha che non va la lavandaia? Perché non vi piace? Troppo umile, troppo povera, troppo ignorante? E una donna che aspetta il marito e cresce i figli non è degna di essere esaltata? Non le riconosciamo meriti, deve stare nascosta come una talpa? Non deve esistere?

E della bellezza cosa vi infastidisce? Ci deve essere un morbo contagioso a sinistra sulla bellezza delle donne che andrebbe studiato. Ricordo ancora la polemica che sollevò Laura Boldrini con quella povera spigolatrice di Sapri. L'artista le aveva regalato natiche troppo sode per essere tollerate. Un affronto insopportabile. Chi raccoglie spighe di grano per definizione deve essere brutta? Ancora con quello stereotipo della bellezza come elemento squalificante per la donna perché utile solo a suscitare istinti libidinosi? Mah! La giunta conclude la seduta chiedendo che venga istituito un fondo regionale a sostegno della realizzazione di statuaria pubblica per le persone illustri dedicata in particolare a donne che in Emilia-Romagna si siano distinte per meriti professionali, culturali, scientifici, sociali e civici. Hanno dimenticato di aggiungere una postilla: «Donne che però non siano state troppo piacenti, che non abbiano mai lavato i panni né abbiano anche per un solo giorno aspettato il marito accudendo figli».

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