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Vittorio Feltri, "che roba è il Gay Pride": la verità (crudissima) sulla "Carnevalata"

Vittorio Feltri
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Uno dei tanti e ingiusti pregiudizi in voga in tema di omosessualità è che il sottoscritto sia irrimediabilmente e assolutamente omofobo, mentre a me di cosa accade nei letti e nelle mutande altrui non è mai fregato un fico secco. Giudicare una persona dalle sue preferenze o tendenze sessuali e, sulla base di queste, determinare il trattamento da riservarle, trovo che sia operazione indegna e indecente. È un po' come stabilire di rispettare un essere umano in relazione a quanti denari abbia in tasca. Cose che accadono nei Paesi più incivili del mondo, come quelli islamici dove chi se la fa con persone del suo medesimo sesso viene addirittura ammazzato, e che poco si addicono dunque ad una società come la nostra, progredita dal punto di vista giuridico, civile e culturale.

 

 

Non soltanto non coltivo alcuna ostilità gratuita nei confronti dei gay, ma devo altresì ammettere che, sebbene un individuo non sia tenuto a dichiarare se preferisca il pisello o la patata, ammiro chi non nasconde la propria omosessualità, bensì la dichiara con orgoglio. A questo proposito, ricordo un avvenimento che ha come protagonista il mio caro amico e collega Paolo Isotta. Invitato a prendere parte ad un dibattito televisivo, a Paolo fu posta una domanda indiscreta: «Ma è vero che lei è gay?». Egli rimase qualche secondo in silenzio. Poi, quasi risentito, con tono grave esclamò: «No, io non sono gay, io sono ricchione». Ritengo che con queste parole Isotta intendesse dirsi orgogliosamente omosessuale e altresì esprimere disprezzo nei confronti di quel conformismo imperante, travestito di falso perbenismo e ricamato di squallido buonismo (tutta roba che sta a cuore al Pd), che ha vietato l'uso di certi termini considerati ingiuriosi, lesivi della dignità di categorie reputate fragili e minoritarie.

 

 

Nonostante io abbia stima verso chi non si vergogna della propria omosessualità, ho difficoltà a comprendere coloro che la esibiscono come fosse un distintivo in occasione, ad esempio, del Gay Pride, che si è tenuto proprio ieri a Milano. Queste sfilate in maschera, grottesche, persino volgari, rumorose, anzi chiassose e fortemente disturbanti, non finiscono forse con lo svilire una battaglia giusta come quella riguardante i diritti civili e la sacrosanta parità tra etero e omo, trasformando tutto questo in una gigantesca pagliacciata? Le cose serie andrebbero affrontate, difese e trattate in maniera sobria e non zingaresca. Non sostengo che gli omosessuali dovrebbero fare una marcia funebre su Milano anziché allestire carri allegorici e travestirsi da pornostar. Però un minimo di temperanza sarebbe utile affinché la difesa dei diritti dei gay non risulti una squallida buffonata. Quando si parla di diritti, di uguaglianza, di identità, la faccenda è sempre tutt' altro che frivola. Il carnevale, del resto, è passato da un pezzo.

 

 

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