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Jovanotti, verdi di invidia vogliono fermare il tour

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Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti

Pietro Senaldi
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Verde è il colore dell'invidia, che è madrina dell'ingiustizia. Rondo da Sosa libero, Jovanotti in croce. Tra i rapper finisce più o meno come tra Barabba e Gesù, con il malandrino che torna libero, anche se nel caso si tratta più che di un delinquente di un attaccabrighe di mezza tacca, e il predicatore moderno, che per i fan però è una sorta di padreterno, processato dai farisei in toga. Sotto il sole d'agosto la giustizia viene spiaggiata e il senso del ridicolo va a fondo grazie a due notizie che si tengono insieme. La prima è che i giudici di Milano revocano il Daspo a Rondo, al secolo Mattia Barbieri, ventenne artista al quale un mese fa era stato negato l'accesso a tutti i locali cittadini dopo che si era reso protagonista con cinque suoi sodali di una furibonda rissa, ultimo trofeo di un curriculum ricco di oltraggi, violenze e atti teppistici. L'arte ha diritto di esprimersi e non si può fermare, hanno sentenziato i magistrati. La seconda è che i pm di Lucca hanno aperto un procedimento contro Jova, al secolo Lorenzo Cherubini, per fermare la tappa versiliana del suo tour estivo a base di concerti chilometrici e lunghissimi in riva al mare davanti a migliaia e migliaia di persone festanti. I nazi-ecologisti sostengono che la musica in spiaggia devasti la natura e hanno presentato ricorso e la procura ha deciso che dare loro retta è un atto dovuto, sorvolando sul diritto dell'arte di esprimersi. Matteo Salvini, uno che ha pagato caro il vizio di amare ascoltare la musica e ballare in spiaggia, si è sentito toccato dalla vicenda e ha solidarizzato con Jovanotti su una delle pochissime cose che li accomuna, scrivendo che "l'ambiente non si salva fermando i concerti in spiaggia e che, invece di fare polemiche ideologiche pseudo-ecologiste, andrebbe premiato chi porta migliaia di ragazzi a divertirsi in maniera sana". Gli sarà sembrato di rivivere l'estate del Papeete, locale che certamente gli manca molto, anche perché è bellissimo. Confidiamo che la disavventura giudiziaria di Jovanotti muoia sul nascere, anche perché un tour come quello organizzato dal papà dei rapper italiani non si improvvisa, è un'impresa ciclopica che, oltre a un talento immenso, richiede una dose di coraggio soprannaturale, quintalate di pazienza e probabilmente un esercito di giuristi ed esperti che riescano a ottenere tutti i permessi del caso. Jovanotti è ricco e famoso da decenni, non ha bisogno di girare la Penisola sotto la canicola per strappare un altro po' di gloria.

 

 


Se si è imbarcato in un'impresa simile lo ha fatto primo per regalare ai suoi fan, ovverosia a metà italiani, un'emozione grandissima, secondo per tornare a divertirsi come un bambino. Il suo unico peccato è cercare l'immortalità, come tutti gli artisti e i grandi. Siamo sicuri, seppure conoscendolo solo per fama, che ami l'ambiente e lo rispetti molto più sinceramente di quanti ora lo vorrebbero fermare, così come siamo certi che, a differenza dei nazi-ecologisti, ami più gli esseri umani dei vegetali.

 

 


Purtroppo in Italia essere bravi e aver successo è spesso una colpa da espiare prima che un merito. E qui Rondo de Sosa si è mostrato più cinico e sveglio del Jova. Al primo Daspo, ha lasciato l'Italia e si è trasferito a Londra, mentre il Cherubini ancora si ostina a provare a farci divertire. Le canzoni di Mattia non sono una festa, non sono baciate dai raggi di sole che toccano quelle di Lorenzo, non sono romantiche e raccontano l'amore dei vent' anni come fosse quello di vecchi viziosi maniaci, tradiscono una disperante e consumata ancor prima che consumistica concezione della vita. Però lui è libero di seminare la sua tristezza e la sua rabbia tra i coetanei e di tornare a fare a botte in discoteca, mentre con tutta la sua carica positiva Jovanotti è costretto ad augurarsi di incontrare un giudice che abbia acoltato qualche suo pezzo con il cuore. 

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