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Quante contraddizioni: la storia ipocrita scritta dai faziosi

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Iuri Maria Prado
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È significativo che nel Paese in cui il giuramento antifascista costituisce un inevitabile lasciapassare di presentabilità democratica, e molto spesso per nobili consulenze e posti assicurati alla tramoggia repubblicana, nessuno dei dodici professori che rifiutarono il giuramento di fedeltà al regime fascista sia considerato un padre della Patria Bella Ciao. Non uno di quelli (dodici su oltre mille) che rifiutarono di impegnarsi in quella dichiarazione di fedeltà, e dunque di apprestarsi a "formare cittadini operosi, probi e devoti alla Patria ed al Regime Fascista", figura mai negli elenchi della retorica resistenziale dell'Italia incorrotta che si opponeva alla dittatura: e anzi a illustrarne i meriti e le gesta sono tanti che il giuramento invece prestarono, o altri fervorosi del 26 Aprile già fieramente impegnati nei cimenti a difesa della razza.

 

 

 

Questa non casuale contraddizione denuncia meglio di tante altre, che pure contrassegnano l’improbabilità di tanto antifascismo di regime, il carattere sostanzialmente contraffattorio e ipocrita della storia scritta in piega partigiana. E la Repubblica fondata sull’antifascismo prevede la messa in dannazione di quei pochi, la cui sparuta testimonianza è meglio non sia rammentata (figurarsi onorata) perché bestemmia sulla verità falsa di un regime piovuto non si sa come né perché sulla testa di una nazione portata a manganellate a riempire le piazze cui si annunciava l’ora delle decisioni irrevocabili. Domandatea un candidato progressista con mostrina “antifa”, a un libero docente dell’Italia imbarbarita e fascisticizzata per la mancata approvazione del Ddl Zan, a un cronista democratico specializzato nel reportage da Predappio, domandategli i nomi di quei dodici. E buon divertimento.

 

 

 

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