Maledetto testosterone. È colpa delle sue ubbìe, se noi maschietti, rispetto al genere femminile, dimostriamo maggiore familiarità con la violenza. Oddio, non che l’altra metà del cielo ne risulti del tutto aliena. Il fatto è che, secondo gli studiosi dell’aggressività, le donne sembrerebbero capaci di manifestare atteggiamenti prepotenti solo per legittima difesa siccome quel che esse sono solite esprimere è maggiormente paura, senso di colpa, ansia e vergogna. Tutte emozioni che fondamentalmente riducono le probabilità di commettere un reato. Agli esperti del ramo andrebbe, tuttavia, chiesto come mai la storia non lesini esempi di donne che hanno scelto di abbracciare il male e di praticarlo con compulsiva e criminale disinvoltura. Come le protagoniste del libro di Maurizio Roccato Le donne più cattive della storia (Diarkos, 336 pagine, 19 euro), per esempio, volume nel quale si esplora il lato oscuro delle vite di alcune delle figure femminili più spietate e controverse del passato, che appartenessero alle corti rinascimentali o trascinassero le loro criminogene esistenze nei quartieri popolari delle metropoli moderne.
Prendiamo Caterina de’ Medici.
Ella è famosa per aver introdotto alla corte di suo marito, Enrico II, l'uso della forchetta e le migliori abitudini culinarie italiane. Ma Caterina, oltre che maestra di bon ton, era pure crudele. La morte improvvisa del marito nel 1559 la rese vedova e reggente di Francia per conto del figlio decenne Carlo IX. Ella ne ricavò una condizione di supremazia che utilizzò, tra l’altro, per “benedire” la cosiddetta notte di San Bartolomeo, il nome con il quale è passata alla storia la strage compiuta nella notte tra il 23 e il 24 agosto 1572 (giorno di San Bartolomeo appunto) dalla fazione cattolica ai danni degli ugonotti (protestanti) a Parigi. In Lucrezia Borgia, lo storico francese Jules Michelet vedeva il «demone femminile insediato sul trono vaticano». L’«andalusa italiana» diede mostra in più occasioni di una spietatezza senza argini. Per esempio, quando, sporgendosi da un balcone in Vaticano, rideva e applaudiva mentre suo fratello Cesare giustiziava i criminali sottostanti infilzandoli con una balestra. Si diceva anche che avesse pianificato diversi omicidi utilizzando un anello al dito che, con un particolare movimento del polso, rilasciava una polvere velenosa.
«Il ritratto di Cleopatra come donna malvagia ha radici profonde nella propaganda di Ottaviano, futuro Augusto, il grande nemico di Marco Antonio, amante della regina egiziana. Ottaviano, per giustificare il conflitto contro un concittadino romano, non poteva semplicemente avviare lo scontro, doveva presentare la sua campagna come una guerra santa contro un nemico esterno, la sovrana d’Egitto che aveva corrotto e sottomesso un nobile romano» scrive l’autore. Che Ottaviano avesse ragione oppure no, resta il fatto che la maliarda Cleopatra, per consolidare il suo potere, non esitò un istante a far uccidere due dei suoi fratelli, Tolomeo XIII e Tolomeo XIV, e la sorella Arsinoe IV. Lascia di sasso, da quanto essa grondi crudeltà, la storia di Wu Zetian esempio lampante di come l’ambizione possa trasformarsi in una forza inarrestabile se supportata dalla brutalità. Wu nasce povera ma, per una serie di circostanze fortunose, a un certo punto della sua esistenza si ritrova ad essere (siamo nel 635), la donna più potente della Cina. Concubina dell’imperatore Gaozong, comprende che per ottenere il potere deve spedire al creatore quante più concorrenti le stanno davanti. Prima fra tutte la sua rivale principale, l’imperatrice Wang. Per centrare l’obiettivo, non si fa scrupoli nell’uccidere la propria figlia neonata, strangolandola con le sue mani, per poi incolpare l’imperatrice Wang del crimine. Gaozong, furioso e addolorato, fa imprigionare la moglie. Wu ottiene ciò che desidera: nel 655 d.C. viene proclamata imperatrice consorte. Fin qui s’è detto della spietatezza dell’altra metà del cielo più storicamente nota. Ma il libro di Roccato ha il pregio di sbozzare i contorni di donne comuni altrettanto feroci. Giulia Tofana, per dire. Meretrice e fattucchiera dei bassifondi palermitani, vissuta nel XVII secolo, il suo nome divenne sinonimo di un veleno leggendario, l’Acqua Tofana, un rimedio letale, inodore e insapore, che offriva alle donne disperate una via d’uscita dai matrimoni violenti o infelici.
Più che teologia, la fede cristiana è cuore e sincerità
La visita del Papa in Turchia a Iznik, l’antica Nicea, ha riportato sotto i riflettori il Concilio di Nicea, un ev...E che dire di Aileen Wuornos? Nata a Rochester, nello Stato americano del Michigan, ad Alieen fu dato di vivere un’infanzia infernale, È il 1967 quando il padre viene condannato all’ergastolo per aver rapito e violentato una bambina di sette anni. Due anni dopo, l’uomo si suicida impiccandosi in prigione. Alieen viene violentata ripetutamente dal nonno. Tutto questo, forse, contribuirà a forgiarne la natura di serial killer. Tra novembre 1989 e 1990 commette sette omicidi uccidendo altrettanti clienti ai quali si vendeva. Come? Sparandogli addosso e ripetutamente con un revolver calibro 22. Finiamo con Irma Grese, una criminale di guerra tedesca. Nel marzo del 1943 viene trasferita ad Auschwitz-Birkenau a supervisionare una scorta punitiva in seguito a una violazione del suo incarico. Nei sette mesi durante i quali ricopre questo ruolo, è responsabile della morte di almeno trenta prigionieri al giorno. Si racconta che al momento della selezione degli ebrei ungheresi da inviare alle camere a gas, era solita destinare sia i malati sia i sani in modo indiscriminato e prendeva a calci e pugni quelli che tentavano di fuggire.




