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Un film contro la bufala degli ambientalisti sul "fracking"

Il giornalista McAleer vuole realizzare un lungo metraggio di risposta a "Gasland" con le testimonianze di chi coltiva la terra

Giulio Bucchi
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Il fracking, o hydraulic fracturing (fratturazione idraulica in italiano) è la propagazione di fratture negli strati rocciosi causate dalla infiltrazione di acqua o di aria compressa. Queste spaccature si formano anche naturalmente, ma possono essere provocate dall'uomo: con questa tecnica si può portare in superficie più agevolmente il gas naturale e il petrolio che si trovano “intrappolati” nel terreno. Non  avete sbagliato rubrica entrando in un sito geologico. Con il fracking siamo sempre nel bel mezzo della politica americana di cui diamo conto in questi Diari. Oggi negli Usa il fracking è stato adottato dagli ambientalisti come “pericolo numero uno”, nella perenne ricerca dei liberal delle cause sbagliate per cui lottare. Se uno pensa all'etanolo, o alla fiducia antieconomica di poter sostituire in toto e in un attimo il petrolio o il gas naturale o il carbone con le pale da vento o i pannelli solari, ha gli esempi degli innamoramenti “in positivo” della sinistra per le soluzioni alternative. Se uno pensa al global warming o, di questi tempi, al fracking, ha invece un paio di esempi forti degli odi “in negativo” che alimentano la passione militante di questi autonominati salvatori del pianeta. Disse Montaigne trecento anni fa: “In nulla crediamo così fermamente quanto in ciò che meno conosciamo”. La citazione la devo all'articolo del 21 aprile di Peter Glover di Energy Tribune, che è stato riprodotto in italiano in Agi Energia, del 26 luglio scorso, e al quale rimandiamo per la confutazione puntuale delle distorsioni su cui basano la loro propaganda i verdi che implorano di non praticare il fracking per estrarre il gas e il petrolio sotto lo slogan “Salvate la nostra acqua”.  “Uno slogan forte, anti inquinamento, anche se basato su una grande ignoranza in materia di fatturazione”, chiosa Glover. Dall'America aggiungiamo una notizia di giornata, uscita sul New York Post. E' l'appello di Phelim McAleer, giornalista e cineasta, di sostenere la sua campagna di educazione sulla reale natura del fracking visitando il suo sito FrackNation.  FrankNation è il progetto di un film che vuole essere la risposta diretta a “Gasland” (Il Paese del Gas), documentario ovviamente nominato per un Oscar, in cui si denuncia l'attentato del fracking alla salute della gente attraverso la contaminazione del terreno e delle falde acquifere. Come spauracchio, veniva mostrato il rubinetto di una casa rurale da cui uscivano insieme acqua e fiamme. Doveva essere la dimostrazione che nell'era del fracking l'uomo è così assetato di petrolio che avvelena le sue fonti di vita. Ma McAleer, in un incontro pubblico con il regista di Gasland Josh Fox, è venuto a sapere dallo stesso Fox che il fenomeno dell'acqua in fiamme si verificava anche vari decenni prima che, nel dopoguerra, la tecnica del fracking iniziasse ad essere sperimentata. In effetti, la coesistenza di metano e acqua è naturale. Così gli è venuta voglia di indagare, e questa voglia lo ha spinto a intervistare, nello stato di New York e in Pennsylvania, molti contadini. E ne ha trovati svariati arrabbiati con “le elite urbane, come Fox e gli attori Marc Ruffallo e Robert Redford ai quali non frega nulla delle nostre terre”, ha riportato McAleer. In realtà, nelle campagne hanno capito che avrebbero solo grandi benefici dal fracking, mentre ora sono costretti a vendere i loro terreni che finisce alla speculazione edilizia. L'idea di Fracknation di documentare la realtà non è piaciuta alle major di Hollywood, a HBO, e agli attori di fama, che non sono stati disponibili a smontare la bufala ambientalista. Per questo McAleer ha avviato una richiesta di fondi popolare attraverso il suo sito, e ha già raccolto 140mila dollari. di Glauco Maggi  twitter @glaucomaggi

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