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Super tuesday, vince Romney ma non gode: Santorum fa paura

Primarie repubblicane, Mitt vince in Ohio col rischio. Rick vicino e combattivo anche in North Dakota. Nel Gop tutto da decidere

Giulio Bucchi
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Non solo non ha dato il colpo del KO, ha addirittura rischiato di perdere l'Ohio. Per Mitt Romney il Supermartedì che aveva in palio i delegati di 10 stati in un colpo solo si è risolto in una vittoria a tavolino. Sei stati per lui, tre per Rick Santorum che ha dimostrato di essere coriaceo al sud ma anche in uno stato rurale del nord come il Nord Dakota, che gli ha dato una vittoria a due cifre, 39,7 % contro il 28,1% di Ron Paul e solo il 23,7% del capofila nazionale dei sondaggi. A Newt Gingrich è andato solo bene in Georgia, dove è stato deputato per due decenni e la sua vittoria era scontata. Non l'avesse spuntata sarebbe uscito di scena coperto di vergogna, così esce di fatto ugualmente dalla corsa, avendo perso sia in Oklahoma (27,5%) sia in Tennessee (24%), gli altri due stati del sud, non solo dietro a Santorum primo (con 33,8% e 37,3%) , ma anche dietro a Romney (28% in entrambi, ossia un dignitoso secondo). La sfida più attesa e delicata era in Ohio, stato ballerino in novembre e che presentava la composizione sociale di contadini, operai e bassi redditi, decisamente religiosi e conservatori, che equivalevano ad un test sulla capacità di Romney di dimostrare di meritare la nomination non solo per la sua proverbiale figura di businessman forte in economia. Si è imposto per 38% contro il 37% di Santorum, il 14,6% di Gingrich e il 9,3% di Paul, ma è un risultato che gli fa solo tirare un sospiro di sollievo. Quanto a Rick, la mezza delusione di non aver realizzato un successo clamoroso in Ohio è solo in parte compensata dalla schiacciante affermazione del Nord Dakota, area non meno rurale e conservatrice. Oltre all'Ohio, le altre vittorie di Romney fanno morale e classifica, ma aggiungono poco alla sua statura di leader: in Alaska (34,6%), Idaho (61,6%), Virginia (59,5% contro il 40,5% di Paul, ma i concorrenti erano solo loro due perché Santorum e Gingrich non erano riusciti a raccogliere le firme per partecipare), e soprattutto negli ultraliberal Massachusetts (di cui è stato governatore e che gli ha regalato la percentuale piu' alta della gionata con il 72,1%) e Vermont (39,8%) il successo era scontato. Il Supermartedì non ha quindi detto la parola fine, poichè Santorum si è tenuto bene a galla e ha già fatto sapere che è disposto ad andare avanti fino ad agosto, quando sarà la Convention repubblicana di Tampa (Florida) a decidere il nominato. Romney aveva fatto ben altri calcoli, e sperava di chiudere con questa tornata. Ciò fa ovviamente molto piacere a Obama, che vede il suo maggiore e probabile avversario che appare sminuito nella credibilità politica di unificatore del GOP, ma che soprattutto deve continuare a spendere soldi della sua campagna per battere i nemici interni. Ed ogni dollaro speso contro Rick o Newt è un dollaro che non potrà essere usato contro Barack in autunno. Del resto, se la dinamica delle primarie prosegue con questo trend, è ovvio che Santorum insista, perché il suo disegno è di sfiancare l'altro candidato con le credenziali (autoassegnate, per la verità) da conservatore doc, Gingrich. Se e quando costui mollerà, buona parte dei suoi sostenitori degli stati che verranno probabilmente si riverseranno più su di lui che non su Mitt. Oppure andranno a Paul, che non ha fatto mistero della sua strategia volta a raccattare delegati per Tampa, dove li metterà sul mercato per ottenere concessioni di linea politica da chi vorrà vincere. Più primarie si terranno nelle prossime settimane, sempre con esiti incerti, più la distribuzione dei seggi tra gli sfidanti allontanerà la possibilità che Romney ottenga la maggioranza di 1144 delegati, necessari perché la Convention sia la incoronazione di un leader e non l'ultima spiaggia. La litigiosità nel GOP, e il fatto che ci sia incertezza al vertice, viene usato intanto dai democratici e dalla stampa pro Obama come un segno di debolezza, foriero del peggio. Hanno la memoria corta, o fanno i furbi. La più contestata battaglia alle primarie che ci sia stata nell'ultimo ventennio e'sicuramente stata quella tra Barack e Hillary. E alla fine si è visto come è andata: lui alla Casa Bianca, lei segretario di Stato di Glauco Maggi twitter @glaucomaggi

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