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Il piano di Marchionneper il futuro di Fiat

Marchionne, l'ad ha un piano

La ricerca verrà spostata in Brasile, la produzione di nuovi modelli negli Usa. E in Italia resterà il polo del lusso, ma il resto sarà tutto da negoziare

Andrea Tempestini
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Alla fine il presidente del Consiglio Mario Monti ha alzato la cornetta e ha chiamato l'ad di Fiat Sergio Marchionne. Poco importa se solo ieri il ministro Elsa Fornero aveva detto che il governo non poteva "imporre le sue scelte a un'impresa privata. Non possiamo convocare l'amministratore delegato al ministero" e che quindi si aspettava una telefonata. Oggi Monti ha telefonato a Marchionne e ha fissato un incontro per sabato 22 alle 16 a Palazzo Chigi. All'appuntamento - si legge in un comunicato di Palazzo Chigi - parteciperanno anche il ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera, il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, e, per la Fiat, il presidente John Elkann. "Nell'occasione, ha assicurato il dottor Marchionne, verrà fornito il quadro informativo sulle prospettive strategiche del gruppo Fiat, con particolare riguardo all'Italia".   Prospettive di cui in realtà, Marchionne ha già parlato in una intervista di Ezio Mauro su La Repubblica. "Manterrò il Lingotto nel Paese con i guadagni fatti all'estero", ha assicurato. L'ad replica anche alle critiche ricevute: ci sono troppi maestri d'automobile improvvisati.   "Non ho parlato di esuberi, non ho proposto chiusure di stabilimenti, non ho mai detto che voglio andare via. Ci vuole una responsabilità molto elevata per fare queste scelte oggi", spiega. "Da noi l'auto è in agonia, ma manterrò la Fiat in Italia con i guadagni fatti all'estero. Il mercato nazionale è crollato, se investissimo oggi come era nei nostri piani iniziali, falliremmo e io dovrei andare in giro con il cappello in mano". "In Italia, - prosegue - l'auto è precipitata in un buco di mercato senza precedenti, un mercato colato a picco, ritornato ai livelli degli anni 60. Abbiamo perso di colpo 40 anni".  Leggi l'articolo di Ugo Bertone: cosa vuole Mister Fiat La replica dei sindacati "Non sono l'uomo nero: finchè attaccano me, comunque nessun problema. Ma lasciate stare la Fiat, per rispetto e per favore". "Mi impegno - aggiunge - ma non posso farlo da solo. Ci vuole un impegno dell'Italia. Io la mia parte la faccio, non sono parole".   Immediata la replica dei sindacati. Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, chiede a Marchionne "di convocarci subito e di chiarire un solo aspetto: se il Piano Fabbrica Italia lo mantiene e lo utilizza quando riprende il mercato oppure, o se a prescindere da questo lui non vuole più utilizzarlo". "Però - aggiunge Bonanni - voglio dire che a Pomigliano e Grugliasco dove sono stati fatti gli accordi, e sono orgoglioso di averli fatti, il problema non esiste più, nel senso che la Fiat lì produce ancora e proprio grazie a quegli accordi". Marchionne - secondo il leader della Cisl - ha il dovere di fare chiarimenti con chi si è preso ogni volta responsabilità pur di ottenere certezze per l'occupazione e per la difesa dei posti di lavoro. Ha il dovere di farlo per lealtà". Il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini resta convinto che "la Fiat ha in mente di andarsene dall'Italia. Il problema è ben più grave dell'ipotesi della chiusura di uno stabilimento. Allo stato attuale vuole non investire in Italia e questo comporta il rischio che l'intero settore auto salti. Il problema è impedire che ciò avvenga". Infine per Roberto Di Maulo, segretario generale della Fismic "i poteri forti hanno cercato di scatenarsi contro la Fiat perchè abbiamo cercato di innovare il sistema di relazioni industriali e di conseguenza il Paese". Ora, dopo le dichiarazioni rassicuranti di Sergio Marchionne, "speriamo che finisca tutto questo teatrino". 

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