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Ecofin, l'Italia avrà un anno in meno per raggiungere il pareggio di bilancio

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Ignazio Stagno
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Un'altra stangata in vista per l'Italia. Dopo il vertice europeo da cui Renzi ha finto di uscire vincitore firmando sostanzialmente una cambiale in bianco con la Merkel, arriva un'altra batosta per il governo. La bocciatura del rinvio del pareggio di bilancio decisa dall'Ecofin a metà giugno e ratificata nel vertice del Consiglio europeo appena concluso di cui parla oggi Repubblica peserà per ben due miliardi nelle casse del governo. Sempre ammesso che le stime di crescita su cui si regge tutto l'impianto previsionale del governo non si rivelino poi infondate. Mentre il presidente del Consiglio era a Bruxelles per negoziare, a parole, maggiori margini di flessibilità all'interno del rispetto dei trattati esistenti, contemporaneamente lo stesso vertice sanciva nero su bianco la bocciatura alla prima e unica richiesta formale fatta dal governo di deroga ai patti europei. I conti non tornano - Di fatto sono state vanificate le richieste di aprile scorso del ministro dell'Economia Pier Carlo che aveva chiesto uno slittamento minimo rispetto al pareggio di bilancio in termini strutturali: dal 2015 voluto dall'Europa al 2016 fissato nel Documento di Economia e Finanza, arrivando comunque a un passo (-0,1%) già il prossimo anno. “Il governo – aveva scritto il ministro nella sua missiva a Bruxelles - si impegna a rispettare il piano di rientro del debito con il raggiungimento dell' obiettivo pieno nel 2016 e sostanziale nel 2015”. Ora col bocciatura dell'Ecofin avremo un anno in meno per mettere i conti a posto. Un'altra manovra? - Ma il punto più importante sta proprio nelle parole utilizzate dal ministro Padoan. Le nuove raccomandazioni, pur irrigidite rispetto al testo uscito dalla Commissione, non impongono né manovre correttive né interventi straordinari per il prossimo anno, fanno sapere da via XX settembre. Il pareggio di bilancio verrà “sostanzialmente” raggiunto già il prossimo anno, rispettando così anche le richieste formulate dal Consiglio. Ma a quanto pare dietro le promesse di Padoan potrebbe nascondersi una manovra correttiva. Per rispettare i patti servono coperture per il bonus irpef (i famosi 80 euro) e soprattutto al governo servono le risorse per rendere il bonus strutturale. All'appello mancano 20 miliardi. A partire dai 10 miliardi per rendere strutturale il taglio dell'Irpef che solo in una minima parte, circa 3 miliardi, sono già stati trovati in modo permanente nel decreto varato ad aprile. Senza contare il fatto che l'estensione della platea per la concessione del bonus, promessa tanto da Renzi quanto da Padoan, rischia di far lievitare sensibilmente la cifra. A questi – ed altri 5 miliardi che il governo dovrà trovare per spese indispensabili come il rifinanziamento delle missioni internazionali o la cassa in deroga – si aggiungono i 4,9 miliardi con cui il governo sa già di dovere fare i conti per abbassare il deficit strutturale. Il tutto da realizzare nel giro di un anno e mezzo. Altrimenti l'Europa ci farà pagare il conto...

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