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Cartella fiscale da buttare: così si batte l'Agenzia delle Entrate

Matteo Legnani
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La Commissione tributaria provinciale di Milano ha giudicato nullo un accertamento dell'Agenzia delle entrate perché firmato da un funzionario decaduto dalla condizione di dirigente dopo la sentenza pronunciata dalla Corte costituzionale il 17 marzo scorso. La decisione dei giudici tributari milanesi è importante perché è la prima che arriva su un tema assai contestato ed è destinata a fare giurisprudenza. Sulla materia sono intervenuti in parecchi: i tecnici del Ministero dell'Economia, il ministro Pier Carlo Padoan in persona e Rossella Orlandi, direttrice dell'Agenzia delle entrate. Tutti a difendere la legittimità degli atti assunti negli anni dagli 892 funzionari nominati dirigenti senza passare per il concorso. Come prevede la legge. Alcuni si erano spinti addirittura a sconsigliare i contribuenti dal chiedere la nullità degli atti firmati dai dirigenti-non-dirigenti, arrivando a prefigurare il rischio di condanne per «lite temeraria». Nulla di tutto questo. La Commissione tributaria milanese ha sancito la «nullità di un atto di accertamento» proprio perché «sottoscritto da soggetto non dotato di nona qualifica funzionale». E nel dispositivo si cita espressamente la sentenza di marzo della Suprema Corte. A dir poco incauta la precisazione dell'Agenzia delle entrate che in una nota diffusa ieri parla di «errate notizie di stampa», anticipate da Corriere della Sera e Italia Oggi e smentisce il legame fra la dichiarazione di nullità dell'accertamento, sancita dalla Commissione tributaria di Milano con la recente sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato le promozioni senza concorso e cancellato 892 dei 1.100 dirigenti. I magistrati tributari milanesi, invece, non si sono limitati a citare la Corte costituzionale. Nella motivazione, menzionano pure la pronuncia del Consiglio di Stato che sollevò la questione di legittimità censendo pure 892 dipendenti dei «quadri direttivi» che ottennero la promozione a dirigente senza passare dal concorso. E c'è di più: la Commissione tributaria meneghina non ha esaminato nel merito il ricorso presentato dal contribuente, che aveva contestato fra l'altro «l'omissione del contradditorio e l'infondatezza dei rilievi operati dai verificatori». Motivi che «rimangono assorbiti» nel giudizio di nullità. Facile immaginare da qui in poi una valanga di ricorsi, visto che una Commissione tributaria importante come quella di Milano, ha stabilito la relazione fra la non validità dell'atto e lo status del funzionario che lo ha firmato. di Attilio Barbieri

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