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L'allarme degli analisti finanziari:"Ci sono altre banche a rischio"

Lucia Esposito
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Attenzione: non ci sono soltanto le 4 piccole banche locali. Il rischio è dietro l' angolo. Ci sarebbero altre Etruria in giro. Dove, quante e quali non è dato saperlo. Però ci sono e la conferma (forse involontaria) in questo momento di ipersensibilità arriva direttamente dal capo supremo dei controllori: banca d' Italia. O meglio dal vicedirettore generale di Via Nazionale. Luigi Federico Signorini, vice direttore generale di Bankitalia intervenendo ieri mattina ad un programma di La7, ricordando che Bankitalia ha «fatto tutto quello che era possibile fare e che rientrava nei nostri poteri e compiti» nella vigilanza delle 4 banche fallite, e ribadendo che «il sistema bancario italiano è solido», ha involontariamente riconosciuto che «ci sono pochissime Etruria». Il fatto che siano pochissime non tranquillizza e neppure la puntualizzazione che «nel lungo termine questo modello è sano». Il modello bancario italiano sarà pure sano, ma basta incappare nella mela/banca marcia per finire personalmente nei guai. Tanto più che dopo il decreto Salvabanche (e le modifiche del governo a tutela del patrimonio personale dei manager), la corresponsabilità e il coinvolgimento di azionisti e obbligazionisti nei default è evidente. La verità, forse, è che queste quattro piccole banche hanno dato un colpo micidiale (si spera non fatale) alla già scarsa fiducia degli italiani nel sistema bancario. Bisognerà attendere i dati aggregati sulle chiusure conto di queste settimane per scoprire cosa ne pensino i cittadini italiani del Salvabanche. Se i ritiri e le chiusure conti (non solo nelle 4 banche coinvolte) saranno consistenti il problema sarà reale e consistente. Tanto più che ora si moltiplicano i campanelli di allarme. In Italia «c' è il rischio di un effetto domino per quelle banche che hanno una situazione finanziaria e una governance precaria dove l' interferenza politica e la cattiva gestione hanno portato a prassi bancarie fuori dalle logiche di mercato». Diego Valiante, capo dell' unità mercati Finanziari del Ceps (Centre for European Policy Studies di Bruxelles), mette in guardia sui rischi che aleggiano sul sistema bancario italiano dopo il caso dei 4 istituti oggetto del dl salva-banche. «Il problema è che non sappiamo quali siano questi istituti a rischio perché c' è poca trasparenza», aggiunge l' economista. «Quello a cui abbiamo assistito con Banca Etruria è un fallimento della vigilanza prudenziale della Banca d' Italia ma soprattutto sui mercati da parte della Consob sulla vendita di alcuni strumenti», rileva l' analista. «La vendita di questi prodotti senza fornire le informazioni adeguate non era un caso isolato ma una prassi acquisita. Quindi ci troviamo più davanti a un caso di truffa che di fallimento, che dimostra la mancanza di vigilanza perché una vigilanza seria se ne sarebbe accorta, ma anche un problema di governance» sottolinea. Insomma, abbiamo vigilato poco e male. Sarà anche per questo che la famigerata Unione bancaria europea (e all' introduzione di uno fondo europeo di garanzia sui depositi appare sempre più lontano: «I tedeschi non accetteranno», chiosa Valiante, «finché Roma non farà passi avanti con la riforma bancaria perché la Germania, prima di condividere i rischi, chiede che vengano ridotti al minimo». E proprio sulla vigilanza interna qualcosa potrebbe cambiare. Il segretario del Fabi, Lanco Sileoni e l' Abi avrebbero trovato un' intesa per varare «una commissione per monitorare costantemente la vendita dei prodotti finanziari». Insomma, ora bisogna ricostruire la fiducia: nelle banche, ma anche nei bancari che stanno dietro lo sportello. Antonio Castro

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