Il dossier che fa tremare il governo. Così l'Ue ci imporrà la patrimoniale
La battaglia di Matteo Renzi contro tutti i paesi del Nord Europa rischia di portare l'Italia a sbattere contro un muro. È il messaggio tra le righe di un paper di sei pagine della Scuola di politica economica europea della Luiss, firmato da nove economisti molto vicini al governatore della Bce, Mario Draghi, e contigui, scrive il Giornale, agli ambienti bocconiani che hanno governato l'Italia fino a pochi anni fa. Il lavoro pubblicato sul sito dell'università di Confindustria è firmato da Carlo Bastsin, Lorenzo Bini Smaghi, Franco Bruni, Marcello Messori, Stefano Micoss, Franco Passacantando, Fabrizio Saccomanni e Gianni Toniolo. Online dal 21 gennaio, sta circolando sulle scrivanie di mezza Europa, ma il messaggio principale si rivolge al premier Renzi avvertendolo della necessità di mettere ordine ai conti pubblici nel più breve tempo possibile, anche con una tassa patrimoniale se ce ne sarà bisogno. La minaccia, secondo gli economisti, è che gli Stati comincino a pagare un prezzo ben più alto di quanto abbiano già fatto le banche con il bail-in, e l'Italia in questo scenario rischia di staccare l'assegno più pesante. L'avvertimento - Finora a dare ossigeno all'economia europea ci ha pensato il Quantitative easing di Mario Draghi che ha iniettato liquidità con l'acquisto pianificato di titoli di Stato. Ma il piano dell'Eurotower ha una scadenza, davanti alla quale non ci si potrà far trovare impreparati: "La sfiducia nella capacità italiana di ridurre il rapporto debito/Pil scoraggia il ricorso a pratiche di condivisione dei rischi" scrivono gli economisti che a proposito dell'ultima legge di Stabilità esprimono tutto il loro scetticismo per i "modesti effetti sui consumi privati, mentre gli investimenti non accennano a ripartire". Intanto avanza il piano tedesco che punta all'Unione bancaria e finanziaria attraverso il Fondo unico di risoluzione e la garanzia europea sui depositi. La Bundesbank chiede alla banche di vendere i titoli di Stato in eccesso, fissando una soglia massima, in modo che l'aiuto agli istituti non finisca per aiutare Paesi poco virtuosi. Così quei titoli smettono di essere sicuri, si dotano di un rating particolare che nei piani di Berlino sarà modulato a seconda del Paese che lo emette. Il corto circuito è dietro l'angolo: se le banche vendono e uno Stato chiede l'aiuto dell'Europa, non potrà far altro che dichiarare default, tagliando il valore delle emissioni e riscadenzandole. Vendere - La strada obbligata, secondo gli economisti della Luiss, assomiglia in modo inquietante a quella già dettata dalla Troika in Grecia. Secondo le loro indicazioni, Renzi dovrebbe evitare l'apertura della procedura di infrazione per deficit eccessivo, mostrando segnali di buona volontà come ad esempio privatizzazioni: "tese a ridurre l'laumento nominale del debito".