Povera Italia, fabbrica di precari
Unimpresa
Roma, 22 apr. (AdnKronos) - Meno disoccupazione, compensata da una "fabbrica" di lavoratori precari. Ora sono oltre 9,3 milioni gli italiani che non ce la fanno e sono a rischio povertà, quindi, è sempre più estesa l'area di disagio sociale che non accenna a restringersi. Secondo quanto riferisce il centro studi di Unimpresa, dal 2016 al 2017 altre 128mila persone sono entrate nel bacino dei deboli in Italia: complessivamente, adesso, si tratta di 9 milioni e 293 mila soggetti in difficoltà. Crescono soprattutto gli occupati-precari: in un anno, dunque, è aumentato il lavoro non stabile per 197mila soggetti che vanno ad allargare la fascia di italiani a rischio. Ai "semplici" disoccupati, che hanno fatto registrare una diminuzione di 69mil unità, vanno aggiunte ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi. Unimpresa sottolinea che "si tratta di un'enorme 'area di disagio': ai quasi 3 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (900mila persone) sia quelli a orario pieno (2 milioni); vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (722mila), i collaboratori (251mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,68 milioni)". Questo gruppo di persone occupate, ma "con prospettive incerte circa la stabilità dell'impiego o con retribuzioni contenute", ammonta complessivamente a 6,55 milioni di unità. Il totale del'area di disagio sociale, calcolata dal Centro studi di Unimpresa sulla base dei dati Istat, a fine 2017 comprendeva dunque 9,29 milioni di persone, in aumento rispetto fine 2016 di 197mila unità (+1,4%). "Il deterioramento del mercato del lavoro -osservano gli analisti del Centro studi di Unimpresa- non ha come conseguenza la sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici". Una situazione, avvertono, "di fatto aggravata dalle agevolazioni offerte dal Jobs Act che hanno visto favorire forme di lavoro non stabili. Di qui l'estendersi del bacino dei "deboli".