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Giancarlo Giorgetti e l'attacco finanziario all'Italia, c'è la data della "tempesta perfetta"

Giulio Bucchi
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Ci sono due date che Giancarlo Giorgetti ha segnato sul calendario. La prima è il 31 agosto. La seconda il 7 settembre. Entrambe, a pochi giorni dalla presentazione della nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, sono perfette per scatenare quell'offensiva sul nostro debito pubblico che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dà praticamente per scontata. «L' attacco me lo aspetto, i mercati sono popolati da affamati fondi speculativi che scelgono le loro prede e agiscono», ha rivelato ieri a Libero il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Leggi anche: Becchi, allarme rosso sul golpe finanziario. "Chi è l'anello debole nel governo" A spargere il sangue per attirare gli squali saranno, ancora una volta, le agenzie di rating. Discusse, vituperate, contestate, persino inquisite dalla magistratura. Dopo la bufera del 2011 l' Europa sembrava stufa di dover subire i capricci delle tre sorelle (Fitch, Moody's, S&P). Ma le società che danno le pagelle a Stati e imprese, legate a doppio filo a quella finanza che dovrebbero giudicare, sono ancora lì, pronte ad innescare l' ennesima bomba. Il 31 agosto sarà il turno di Fitch, che a metà marzo, dopo il voto, aveva confermato il rating BBB, con outlook stabile. Una concessione dovuta principalmente alle buone prospettiva di crescita, che ora, però, sono completamente evaporate. Nulla di più facile, dunque, che Fitch riponga nel cassetto la sua magnanimità. Ma l' appuntamento più delicato è quello del 7 settembre, quando il pallino passerà a Moody' s. Due settimane dopo il governo dovrà presentare il suo piano di finanza pubblica per i prossimi tre anni, anticipando di fatto l' architettura della manovra. Il cantiere dell' Economia, dunque, sarà in piena attività e il dibattito politico, inevitabilmente, rovente. Il verdetto - Che l' agenzia di rating possa gettare acqua sul fuoco è da escludere. Moody' s ha già fatto capire a fine maggio che la nuova situazione gli piace poco. Per evitare il declassamento, ha spiegato l' agenzia, l' Italia dovrà «proseguire sul percorso delle riforme strutturali e di una riduzione tangibile del debito pubblico». Le riforme, però, non sono affatto quelle allo studio del governo giallo-verde. Anzi. Gli analisti di Morgan Stanley hanno già anticipato che flat tax, reddito di cittadinanza e revisione della Fornero non rispettano i parametri indicati da Moody' s per il mantenimento dell' attuale rating. E qui sono dolori. L' Italia, infatti, è ora al livello Baa2. L' eventuale bocciatura comporterebbe la discesa dei titoli di Stato italiani appena sopra la soglia dei «junk bond», le obbligazioni spazzatura da cui gli investitori dovrebbero tenersi alla larga. Giorgetti è convinto che l' Italia saprà resistere alla bufera. «Apriremo l' ombrello», ha detto. Un ottimismo che potrebbe non essere del tutto fuori luogo. Le turbolenze ci saranno. E saranno forti. Ma rispetto al 2011, quando l' impennata dello spread costrinse Silvio Berlusconi ad abdicare, ci sono diverse carte che giocano a favore dell' Italia. Lo scudo di Draghi - A partire dallo scudo di Mario Draghi, che inizierà il suo graduale ripiegamento da ottobre (dimezzamento da 30 a 15 miliardi al mese di acquisti di titoli di Stato) per poi chiudersi definitivamente a dicembre. Ma i bond finora acquistati saranno reinvestiti. Il che vuol dire che il bottino di Btp in pancia a Bankitalia (per conto della Bce) sarà utilizzato per comprare nuovi titoli e arginare così eccessive oscillazioni. Quanto alla composizione del debito, se è vero che le famiglie hanno diminuito la loro quota dal 21 al 6% del totale, Bankitalia (proprio grazie al QE) è invece passata dal 4 al 16%. E anche le banche (dal 23 al 27%) e le assicurazioni (dal 12 al 19%) italiane hanno aumentato i titoli pubblici in portafoglio. Il risultato è che la quota di obbligazioni dello Stato in mano straniera è scesa dal 40 al 32%. Questo non basterà a tenerci al riparo dagli scossoni. Ma forse riuscirà ad evitare che siano un' altra volta i mercati a scegliere chi ci governa.  di Sandro Iacometti

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