Pensioni, adesso nel mirino c'è la rivalutazione degli assegni
Posto che dal solo taglio degli assegni di importo superiore a 4.500 euro netti potranno arrivare al massimo 150 milioni, come sottolineato da Tito Boeri, potrebbero toccare altre pensioni, quelle medie. Fonti grilline hanno smentito al Messaggero l'ipotesi di un abbassamento da 4.500 a 3.500 euro netti la soglia di applicazione del taglio; in realtà il provvedimento finora reso noto parla di un limite fissato a 90 mila euro lordi. In ogni caso il governo interverrà nel meccanismo delle rivalutazioni sia per le pensioni più alte sia per quelle di importo medio, salvaguardando di fatto solo quelle basse. Leggi anche: Indiscrezione da Palazzo Chigi, Di Maio clamoroso: no a Conte Insomma è probabile che ci siano altri cambiamenti. Luigi Di Maio ne ha parlato come un "raffreddamento" della rivalutazione. Le strade possono essere due: un intervento specifico sulle pensioni considerate alte e un meccanismo di penalizzazione, anche blanda, degli assegni di importo medio. Per quanto riguarda i trattamenti sopra i 90 mila euro lordi non si tratta di un ricalcolo sulla base dei contributi versati dai singoli ma di un taglio (circa il 2 per cento l'anno) proporzionale al numero di anni di anticipo dell'uscita dal lavoro rispetto a un'età convenzionale parametrata all'attuale requisito per la vecchiaia (67 anni dal 2019) ma via via più bassa negli anni passati sulla base degli andamenti demografici. Cosa che oltre a penalizzare coloro che hanno versato contributi per un periodo di tempo molto lungo, punisce i pensionati che hanno lasciato l'attività non per propria scelta ma per una disposizione di legge, come le donne, per le quali fino al 2012 l'età della vecchiaia era fissata a 60 anni e degli appartenenti alle Forze armate o a quelle di polizia. Per queste categorie dovrebbe essere prevista una deroga specifica. Resterebbe invece la riduzione dell'assegno ad esempio per i manager che sono andati in pensione in forza di accordi aziendali o individuali.