Industria: Confapi Padova, non facciamo di Taranto una nuova Porto Marghera
Padova, 3 dic. (Adnkronos) - Porto Marghera e Taranto, i punti di contatto sono numerosi. Quello veneto è diventato uno dei poli chimici più importanti d'Europa arrivando a toccare nel 1971 il record storico di impiegati (35.724), prima di lasciarsi andare a un inesorabile e drammatico tramonto, costellato di morti per tumore, malattie e chiusure. Come attesta la Regione Veneto, solo nel periodo 2009-2013 la Provincia di Venezia ha concluso complessivamente 160 pratiche di crisi aziendali relative a Porto Marghera e zone limitrofe, mentre il “totale dell'organico locale delle aziende che hanno concluso trattative di crisi avvalendosi dell'intermediazione della Provincia di Venezia è stato pari a 7.295 unità”. Oggi si lavora al rilancio di un'area in larga parte ancora in attesa di bonifica: 781 milioni di euro sono stati usati per sanare solo il 15% dei terreni e l'11% della falda acquifera. "Un precedente da tenere in considerazione in uno Stato in cui tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi decenni sono stati accomunati dalla mancanza di una seria politica industriale - sottolinea Carlo Valerio, presidente di Confapi Padova, associazione delle piccole e medie industrie del territorio - È lì, a ben guardare, che affondano le proprie radici anche i problemi dell'ex Ilva e dei 10.700 operai che rischiano di rimanere senza lavoro, di cui 8.200 a Taranto (ma il totale sale a 20 mila se si conta l'indotto)". "Il caso “ex Ilva” è complesso e impone di evitare ogni semplificazione forzata. Resta il fatto che, alla base dell'attuale crisi, c'è una questione di credibilità. In Italia siamo preoccupati di non riuscire ad attrarre investimenti esteri perché le imprese straniere non si fidano del nostro quadro normativo. Ma qui siamo all'esatto opposto: l'impresa straniera, nello specifico l'ArcelorMittal, ha capito che in Italia non c'è certezza del diritto e sembrerebbe essersene approfittata. Il che è ancora peggio. Chi investe altrove sa che le leggi e gli accordi saranno rispettati, qui sa che non lo saranno, perché non ci sono mai stati sufficienti controlli", evidenzia Valerio.