Saccomanni apre alla privatizzazione delle big di Stato. No di Grillo e sindacati

domenica 21 luglio 2013
Saccomanni apre alla privatizzazione delle big di Stato. No di Grillo e sindacati
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Roma, 19 lug. - (Adnkronos) - L'apertura c'è, nonostante la precisazione. Il governo si prepara a riaprire la stagione delle privatizzazioni e lo fa guardando anche alle partecipazioni del Tesoro nelle grandi quotate, come Enel, Eni e Finmeccanica. Un piano che non vuol dire dismissioni indiscriminate ma valorizzazione degli asset e che deve 'pesare' con attenzione tutti i benefici, a partire dai consistenti dividendi che derivano per lo Stato dall'essere azionista di società che macinano utili. E che restano strategiche, con tanto di 'golden share' a garanzia. Ad aprire il varco è un'intervista rilasciata dal ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni a Bloomberg tv, al G20 di Mosca. "Abbiamo annunciato, come una delle iniziative strategiche chiave, una accelerazione degli schemi di privatizzazione, che coinvolge i beni immobiliari posseduti ma stiamo considerando anche la possibilità di ridurre le quote pubbliche sulle società partecipate", dice il ministro. E alla domanda se questo comporti vendere pacchetti azionari di Eni, Enel e Finmeccanica, aggiunge: "queste società sono profittevoli e danno dividendi al Tesoro, quindi dobbiamo considerare anche la possibilità di utilizzarle come collaterale per gli schemi di riduzione del debito pubblico su cui stiamo ragionando". Ci sono, sintetizza Saccomanni, "una serie di ipotesi" che il Governo sta prendendo in considerazione. Poi, anche a fronte delle reazioni che piovono, arriva la precisazione. Saccomanni "ha risposto in termini generali parlando di strategia di riduzione del debito, formulando diverse ipotesi di valorizzazione del patrimonio pubblico e senza mai citare specifiche società". Quindi, "specifiche ipotesi di vendita riportate da organi di informazione non sono state formulate dal ministro". Le dichiarazioni, nonostante le puntualizzazioni arrivate prima dal portavoce a Mosca e poi con una nota del Tesoro, trovano la reazione allarmata di sindacati e parte della politica. Netta la presa di posizione di Raffaele Bonanni. "La Cisl è del tutto contraria all'ipotesi ventilata oggi dal Ministro Saccomanni di vendere le quote pubbliche di aziende come Eni, Enel, Finmeccanica e Poste che già da tempo sono nel mirino degli appetiti famelici e speculativi degli investitori stranieri", avverte. Piuttosto, dice, "se c'è bisogno di fare cassa, si vendano gli F35 o si riducano le missioni militari all'estero, piuttosto che mettere sul mercato quei pochi asset industriali e strategici del nostro paese come Eni, Enel, Finmeccanica o Poste". Altrettanto fermo il no di Luigi Angeletti. "Cedere quote di Eni, Enel e Finmeccanica per ripianare il debito è una strategia suicida. Vendere i gioielli di famiglia piuttosto che ridurre gli sprechi è una di quelle scorciatoie che ci porta nello strapiombo", sentenzia il leader della Uil. Per l'Ugl, spiega il seretario generale Giovanni Centrella, "sarebbe una scelta sbagliata da parte dello Stato quella di dismettere il suo prezioso patrimonio industriale proprio in un momento in cui l'Italia sta assistendo ad un processo di desertificazione delle attività produttive da parte dei privati, perché o non ce la fanno ad investire o perché preferiscono andare in Paesi più convenienti del nostro". Se il mondo sindacale si schiera compatto per il no alla cessione delle quote detenute dal Tesoro, la politica, soprattutto fuori dalla maggioranza che appoggia il governo Letta, reagisce con altrettanto vigore. "L'Italia è alla canna del gas e chi l'ha ridotta in questa condizione invece di andarsene con passo rapido e veloce in qualche Paese senza estradizione, si prepara a svendere l'argenteria per guadagnare tempo", scrive il leader M5S, Beppe Grillo, sul blog in un post dal titolo 'Saccodanni collaterali'. "Il cittadino comune - prosegue Grillo - che di collaterali conosce di solito solo i danni esposti dal cosiddetto 'bugiardino' dei medicinali si è sentito rassicurato: sono solo "collaterali'. Qualche diarrea, un formicolio, due linee di febbre, un arrossamento della pelle. Cosa vuoi che sia? La partecipazione dello Stato nelle uniche grandi aziende nazionali che rimangono all'Italia è quindi salva". Il ministro dell'Economia "è andato in una televisione americana a dichiarare che il Tesoro potrebbe cedere quote di tre società in settori strategici per il Paese come Eni, Enel e Finmeccanica", gli fa eco il responsabile Economia e Sviluppo della Lega Nord, Maurizio Fugatti. "Vista l'importanza politica ed economica che ricoprono queste aziende -aggiunge- chiediamo al ministro Fabrizio Saccomanni di chiarire nelle sedi opportune le sue dichiarazioni e di fornire garanzie che i patrimoni costruiti per decenni in settori strategici del Paese non finiscano, magari a basso costo, in mani straniere". In casa Pd, con Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, si evidenzia come abbia "fatto bene il ministro Saccomanni a chiarire che i campioni pubblici di un pezzo importante dell'industria italiana non possono essere utilizzati per fare cassa, anche perché sono tra i punti fermi del nostro rilancio". Stessi toni nel Pdl. Da via XX Settembre "giungono parole significative che tranquillizzano i mercati, scoraggiando possibili azioni speculative", rileva il deputato Alessandro Pagano. Chiede garanzie il vice presidente del Senato, Linda Lanzillotta (Scelta civica). "Il ministro Saccomanni porti il suo piano in Parlamento: le privatizzazioni, a parte ogni altra considerazione, sono uno strumento indispensabile per ridurre il debito", ma e' necessario "procedere con un'analisi chiara, garantendo condizioni concorrenziali, ad esempio nelle ferrovie dove preliminare sarà lo scorporo della rete". Dunque, "privatizzare ma senza ripetere gli errori del passato". Un'analisi articolata degli effetti che le privatizzazioni possono e devono produrre arriva da un analista affermato, come Silvio Peruzzo, senior European economist di Nomura. "Le privatizzazioni avrebbero un doppio beneficio: si abbatterebbe lo stock del debito, sebbene in maniera marginale, e si introdurrebbero elementi di efficienza con benefici per l'utente finale. Ma il punto cruciale è aumentare la competitività" dei settori coinvolti, spiega all'Adnkronos. "Si tratta insomma di accompagnare queste dismissioni con politiche di concorrenza in cui - osserva - ci siano effettivi incentivi a fornire prezzi più bassi e servizi migliori. Ma il problema è capire se in un settore di quasi monopolio il settore privato è capace di generare condizioni che possano essere effettivamente vantaggiose per l'utente finale". Nessun effetto positivo, invece, se le dismissioni non fossero accompagnate da un quadro di regole e da un contesto in grado di assicurare concorrenza. "Se la palla passa da un monopolista all'altro, cambiano solo gli interessi: e così - conclude Peruzzo - a parte incassare l'assegno e tagliare il debito pubblico, non si migliora il sistema".