Avvocati, architetti, ma soprattutto notai. La crisi morde a fondo anche i professionisti, che dal 2008 hanno visto cospicuamente ridursi il volume delle prestazioni, e dunque degli introiti. Gli architetti scontano sicuramente la depressione violenta del mercato dell'edilizia e dell'immobiliare. Gli avvocati sono semplicemente troppi: hanno visto quasi quadruplicare il loro numero dal 1990 (quando erano circa 45mila) a oggi (che sono oltre 170mila) e nell'ordine di Roma sono oggi iscritti tanti legali quanti se ne contano in tutta la Francia. Allora (nel 1990) il reddito medio degli avvocati italiani era di circa 53 milioni di lire. Che, al netto dell’inflazione, corrispondono ai 47 mila euro dichiari nel 2011. Negli ultimi ventun anni, insomma, non c’è stata alcuna crescita. Ma quelli che stanno ancora peggio sono i notai, che in sei anni hanno dimezzato i loro redditi, passando da 129.000 a 66.000 euro. Anche loro scontano il dimezzamento delle delle compravendite immobiliari e la contrazione del mercato dell'auto, ma anche della sottrazione di competenze professionali. Ingegneri e architetti avevano addirittura un reddito medio più elevato nel 2001 rispetto ad oggi. Allora gli ingegneri si mettevano in tasca 36.770 euro, oggi solo 35.300. Gli architetti sono scesi da 22.900 a 22.400 euro. Senza calcolare l’inflazione. Ma il peggio è un pozzo senza fondo. Un terzo dei giovani psicologi è infatti disoccupato ed il reddito medio della categoria non arriva a 650 euro al mese. Va detto che i governi che si sono succeduti dal 2006 si sono messi d’impegno per rendere la vita difficile ai professionisti. Con l’abolizione dei minimi tariffari, per esempio, che ha creato problemi enormi alle professioni tecniche, soprattutto nei rapporti con la pubblica amministrazione: si sono visti in questi anni appalti di progettazione con ribassi d’asta fino all’80%. E poi ancora con l’eliminazione di alcune esclusive o il riconoscimento di competenze a categorie diverse dalle professioni ordinistiche.
