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Un'idea della Madonna: VatiVision, la Netflix del Vaticano

VatiVision

Francesco Specchia
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“L’innovazione non chiede permesso”, probabilmente neanche al Padreterno. E’ con questa frase vaporosa (il titolo di un suo libro sulle scommesse digitali del futuro) che Luca Tomassini, dal cuore della Chiesa cattolica e alla probabile presenza del Papa Francesco twittarolo, si appresta al lancio mondiale di VatiVision, la Netflix del Vaticano.

VatiVision è una sorta di miracolo laico dell’intrattenimento religioso. E il primo servizio di videostreaming di contenuti cristiani pay per view voluto da Don Dario Viganò e benedetto da Paolo Ruffini ministro della Comunicazione della Santa Sede. Una bocca di fuoco di serie tv, film, documentari, servizi giornalistici, cultura, fiction e arte da tutto il mondo che, attraverso la piattaforma tecnologica Eclexia, si rivolge ad una platea potenziale di “1 miliardo e 300 milioni di persone di fede cattolica”. Tv, web, smartphone, tablet e contenuti on demand diventano quindi quelli che G.K. Chesterton chiamava “il martello di Dio”: messaggeri delle schiere celesti e al contempo, archivio on demand dei peccatori in Terra. Luca Tomassini, invece, è deus ex machina di Vetrya, l’azienda radicata nella Silicon Valley e proprietaria con Officina delle Comunicazione della piattaforma papale. Tomassini vive da sempre sotto la cresta dell’onda la sua condizione di “padre e profeta delle telefonia mobile in Italia”, come dicono dalle parti del Quirinale che lo nominò, ai tempi, più giovane cavaliere del Lavoro in Italia e Grand’Ufficiale della Repubblica Italiana. Ingegnere, classe ’65, prof universitario, ex braccio destro tecnologico nella grande Telecom di Franco Bernabè, Tomassini è l’uomo a cui dobbiamo il telefonino Startac, il rafforzamento della tecnologia gsm, il Cubovision della Tim (che anticipò, appunto Netflix) e su cui probabilmente si poggerà il futuro italiano del 5G. La sua Vetrya è, oggi, una realtà altrettanto miracolosa. Nata da un viaggio in California e dalla collaborazione con l'eclettica moglie Katia Sagrafena, è una Google conficcata nel cuore dell’Umbria, ad Orvieto. Si occupa di piattaforme e intelligenza artificiale, si avvolge di Cloud computing e di Big Data, abbraccia il Machine learning, e tutti servizi digitali immaginabili; e fa in modo che, in un’azienda costruita sul principio delle Comunità di Adriano Olivetti, gli uomini siano al centro dei sogni che intendono costruire. Parlo per esperienza viva.

Se entrate nella sede di Vetrya, troverete un ecosistema fatto di asili nido interni, welfare aziendale, musei tecnologici e perfino Fondazioni per giovani artisti. Non per nulla è sempre nelle classifiche Great Place to Work, delle migliori realtà in cui lavorare. “I pessimisti hanno sempre ragione, gli ottimisti cambiano il mondo”, è la frase con cui Tomassini, accompagnato da un piccolo robot che sembra uscito da Star Wars, accoglie sempre i viandanti.  E ha ragione. Dieci anni fa lì era tutta aspra campagna umbra. Oggi Vetrya ha inaugurato una sede a Mosca, dopo essere già presente in Spagna, Stati Uniti, Sudamerica e Asia; fa 60 milioni di fatturato ed è quotata in borsa. Però, da quei corridoi ipertecnologici guarniti di istogrammi, algoritmi e foto giganti dei grandi innovatori italiani da Marconi a Faggin; be’, non è raro sentire i profumi della cucina umbra fatta di cacciagione e prosciutto tagliato a mano. Tomassini ricorda uno dei personaggi rooseveltiani di Frank Capra, che s’è ingoiato tutti i libri di Negroponte (gli firmerà la prefazione del prossimo saggio). Quando il governo gli bocciò la sua proposta di App di tracciamento Covid adottando quella di Immuni - che poi, infatti s’è visto-, Tomassini ne cambiò il nome da Pj19 a Pj20 e la vendette alle aziende per la mappatura nella Fase2. Ovviamente fu un successo.

E, quando, forti dei successi delle Lux Vide e dei viaggi tv di Alberto Angela, Vetrya e Officina della Comunicazione si scontrarono, sulla creazione di VatiVision, con certa ostilità degli alti prelati; be’ il buon ingegnere ribatté con lo sguardo nel futuro. “Il conservatore sarà comunque condannato a fare i conti con un panorama diverso, a cui dovrà giocoforza adattarsi, in maniera a quel punto più traumatica”, disse. Non so se giocò una raccomandazione dalle sfere celesti, ma eccolo qui…

 

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