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Tasse, Antonio Patuelli fiducioso sulla rivoluzione "Draghi": "Le taglia, scritto nero su bianco"

Pietro Senaldi
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Se un uomo attento e prudente come Antonio Patuelli, imprenditore e banchiere ravennate con master in usi, costumi e virtù della società e dell'economia nostrana alza il telefono per soffiare sulle vele dell'ottimismo, significa che la nave Italia sta tappando le sue falle. "Eppur si muove" è il motto che il presidente dell'Associazione Bancaria prende a prestito da Galileo Galilei, per enfatizzare i segnali di ripresa dopo la rivoluzione copernicana che il Covid ha imposto all'Europa. Ma si adatta bene ai tempi anche, "torniamo a riveder le stelle", la frase che Dante pronuncia all'uscita dall'inferno. Poeta caro, l'Alighieri, a Patuelli, che ha stimolato numerose iniziative in questo 2021 per commemorarne la morte, avvenuta settecento anni fa proprio a Ravenna. «La situazione è a un bivio, siamo molto scottati dall'esperienza dell'autunno scorso, quindi prudenti. Le prossime settimane saranno decisive sotto il profilo economico e sotto quello sanitario». Patuelli è frizzante, convinto che «Draghi farà molto in questi mesi». Significa che poi si augura che andrà al Colle per continuare a guidare il Paese? Sulla politica è no comment. «Dico solo che stiamo vivendo un momento simile a un immediato Dopoguerra, forse per questo sono tornati di moda i valori del grande economista Federico Caffè, maestro di Draghi, e di Luigi Einaudi. Siamo alla vigilia di una fase decisiva». Quel che Patuelli non dice, ma cerca di far capire in tutti i modi, è che sente nell'aria profumo di maggiore competenza, e questo lo tranquillizza e lo rende positivo. «Nei mesi scorsi» spiega il banchiere «le Commissioni Finanze di Camera e Senato hanno approvato un documento d'indirizzo che è la base su cui predisporre la riforma fiscale che l'Italia si è impegnata con l'Europa a fare. Il testo si conclude con l'insegnamento di Caffè, il quale amava ripetere che fare politica economica significa tre cose: analizzare la realtà, rifiutarne le deformazioni e impiegare le proprie conoscenze per sanarle. Una citazione che si accompagna perfettamente al motto di Einaudi, secondo il quale occorre conoscere per deliberare».

Presidente, la troppa filosofia applicata all'economia trasforma in teoria una scienza pratica. I risultati li abbiamo già visti con Monti...
«Draghi ha un'esperienza di governo formidabile e sa che i capitali vanno dove ci sono le condizioni adatte. Per questo sono convinto che abbasserà le tasse».

Non ci credo neppure se lo vedo...
«Guardi che è scritto nel documento delle Commissioni Finanze del Parlamento, che parla di stimolare la crescita e rendere il sistema fiscale più semplice e certo».

È il diario delle buone intenzioni, per non dire dei sogni. La riforma fiscale era prevista per il 31 luglio ed è già stata rinviata...
«E questo è logico, perché la riforma impatta sul bilancio dello Stato e perciò è bene che sia parallela alla Finanziaria».

Ma cosa si aspetta in concreto da questa riforma?
«Il documento attesta che in Italia l'aliquota di tassazione media sul capitale è del 29,2% contro una media Ue del 23 e invita il governo ad attrarre i quasi due miliardi di risparmi degli italiani e a virare il sistema verso la crescita. Questo non può che portare a un taglio delle tasse sui capitali».

Ma la sinistra non lo consentirà. Vuole addirittura la patrimoniale...
«La patrimoniale non è all'orizzonte».

Da qui al taglio dell'imposta sui capitali però...
«È l'unico modo per attrarre investimenti ed evitare che il debito dello Stato continui ad aumentare. Mi creda, c'è sentore di tagli alle tasse, tant' è che la mia proposta di abolire l'Irap sta incontrando un consenso amplissimo».

Lei crede davvero che la prossima legge di bilancio taglierà l'Irap?
«È la più anti-produttiva delle imposte. Di fatto, è incostituzionale, perché contravviene all'articolo 53 della Carta, secondo cui il sistema tributario deve rispondere a criteri di proporzionalità e tutti devono contribuire alle spese dello Stato in ragione della loro capacità contributiva. Ma se uno è in perdita, perché deve pagare l'Irap? E perché la si paga non in base ai guadagni?».

Non riesce a convincermi, presidente...
«La guardi da questo punto di vista: è impossibile ipotizzare una crescita del debito pubblico all'infinito, specie per quello italiano. Il Covid ci ha imposto una economia emergenziale, ma se il virus abbasserà la guardia è ovvio immaginare un'uscita dalla finanza straordinaria, e questo può avvenire solo agendo sulla leva fiscale».

Lo spiega lei a Letta e compagni?
«Ce lo chiede l'Europa. L'Italia, come condizione per ricevere gli aiuti europei, si è impegnata a rivedere anche la Giustizia e il Fisco. Draghi è partito dalla cosa più difficile, la riforma penale. Attendiamo quella del processo civile e quindi quella tributaria. Questo è il momento giusto per farla, perché il clima di ripresa da noi è migliore rispetto a quello che si respira in altri Stati Ue».

Ma riusciremo a usare tutti i miliardi di aiuti dell'Europa, o assisteremo a un altro festival dello spreco?
«Ho letto attentamente il Piano di Rilancio. Contiene indicazioni molto particolareggiate, sia per gli investimenti materiali che per quelli immateriali, opere pubbliche e digitalizzazione».

Per ora non si è visto molto...
«Per realizzare il piano di investimenti Ue non ci vuole una settimana. La cosa positiva è che si sia partiti».

Che richieste hanno le banche?
«L'uguaglianza dei punti di partenza, per dirla ancora come Einaudi. Chiediamo di essere messi in condizioni di pari competitività fiscale con i partner europei. E chiediamo anche una pari competitività giuridica, ossia una giustizia che abbia tempi ed efficienza europei. Nell'Unione abbiamo un unico mercato e un'unica moneta, ma regole fiscali diverse; con le nostre che sono più gravose di quelle altrui. Sogno una pressione fiscale omogenea nella Ue».

Questo sì mi sembra un libro dei sogni...
«Siamo ancora lontanissimi; ma a differenza di qualche tempo fa c'è una nuova consapevolezza in Europa che mi fa sperare».

A questo punto dovremmo aspettarci un rialzo dei tassi di interesse?
«Questa è una fase lunga e straordinaria di basso costo del denaro. In tutta la storia della lira, mai si sono avuti tassi d'interesse così infimi. La Banca Centrale Europea vorrebbe mantenerli tali. Ci sono tendenze di mercato che, probabilmente, determineranno un rialzo, anche se non immediato».

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