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La distanza tra Nord e Sud continua ad ampliarsi mentre la politica latita. Il commento dell'imprenditore Andrea Pasini

Andrea Pasini
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Il divario tra Nord e Sud è un tema di fondamentale importanza, specialmente oggi che l’Italia sta uscendo dalla pandemia. In un discorso del 2009, Mario Draghi, allora Governatore della Banca d’Italia, aveva dichiarato: «Il Sud, in cui vive un terzo degli italiani, produce un quarto del prodotto nazionale lordo; rimane il territorio arretrato più esteso e più popoloso dell’area dell’Euro».

Gli ultimi dati relativi allo stato in cui versa il Sud Italia mostrano come il divario nel nostro Paese sia ancora alto. A oggi, il Meridione resta il territorio dove è presente il maggior numero di individui poveri (9,3%) contro il 7,6% del Nord, nonostante sia stata quest’ultima la zona più colpita dalla crisi. L’Inps ha inoltre dichiarato come nei primi mesi del 2021, oltre due terzi dei percettori del reddito di cittadinanza si trovano proprio al Sud.

Un divario importante esiste anche nel livello di istruzione tra gli abitanti delle regioni italiane. La quota di diplomati è del 51,4% nel Mezzogiorno, nettamente inferiore al 63,1% del Centro e al 60% del Nord. Situazione analoga per i laureati tra i 30-34 anni: 26,4% al Centro, 23,9% nel Nord e solo del 20,5% nel Mezzogiorno. Il dato più allarmante è quello che riguarda i giovani che non studiano e non lavorano, quota che si attesta nel 2011 al 31,4% nel Mezzogiorno rispetto al 15,2% del Nord e al 19,2% del Centro. Altrettanto preoccupante è il tasso di abbandono scolastico. La dispersione scolastica infatti si attesta al 9,6 % nel Nord-est (addirittura al di sotto della media europea del 10,2 %) e a un drammatico 16,7 % nel Sud.

Io sono Andrea Pasini un giovane imprenditore di Trezzano sul Naviglio e credo che il Covid non abbia reso tutti più uguali, come molti possono pensare, ma è stato un acceleratore di quei processi di ingiustizia sociale in atto ormai da molti anni che ampliano le distanze tra cittadini e territori. Il Pnrr rappresenta oggi un’iniziativa storica per sanare questo divario. Stando alle parole del premier Mario Draghi, «tra il 2008 e il 2018 la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno si è più che dimezzata, e questo divario va superato».

Prima di pensare di poter costruire l’Italia del futuro è necessario sanare la situazione del Mezzogiorno. Serve trarre insegnamento dalla storia, interrogarsi sul perché di problemi mai risolti per l’incapacità o per la deliberata scelta di coloro che nei decenni hanno preferito depredare questi territori, provando a svuotarli della loro stessa anima, anziché impegnarsi per costruire un futuro di sviluppo.

Il Nord ha senza dubbio trainato l’Italia in questo periodo di crisi, ma è arrivato il momento di imparare a sfruttare tutte le risorse presenti sul nostro Paese. Il Sud non è solo turismo ed eccellenze agroalimentari, è e può essere molto di più. Per questo motivo è indispensabile varare un progetto lungimirante e una ferma volontà politica.  Servono politiche attive e  adeguate, servono competenze che innalzino la qualità e permettano agli imprenditori di competere sui mercati interni ed esteri, bisogna intervenire su tutte quelle infrastrutture obsolescenti e investire sullo sviluppo tecnologico delle realtà presenti. E fondamentale che le politiche sociali vengano messe al primo posto e che si rivedano i servizi offerti ai cittadini, a partire dagli ospedali.

I problemi del Mezzogiorno non si curano con il reddito di cittadinanza, gli ammortizzatori sociali e tutte quelle misure assistenziali che sono state utilizzate negli ultimi anni. Serve un progetto organico di crescita, un progetto ambizioso e coraggioso per dare al Sud la spinta di cui ha bisogno.
 

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