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Federico Rampini, lo sfregio del collega: "Gli incivili che non tacciono", qui esplode "Repubblica"

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Da Federico Rampini a Gad Lerner, fino all'ultimo Sergio Rizzo. In redazione a Repubblica c'è l'imbarazzo della scelta: ex giornalisti, inviati, opinionisti che, dopo essere stati scaricati da editore e direttore, sparano a zero sulla casa madre, magari dal pulpito del nuovo datore di lavoro. E Dagospia, leggendo  l'ultimo editoriale di Francesco Merlo, una delle pene di punta (rimaste) a largo Fochetti, fa notare come le sue parole possano essere lette come una allusione proprio ai veleni degli illustri colleghi.

 

 

 

 

 

"Ecco cosa insegna dunque il no di Mattarella: l'exit illumina anche l'incipit perché la fine è la perfezione dell'inizio e quando si diventa ex lo si resta per sempre - la prende larga Merlo -. Ed eleganza vuole che l'ex non parli male dell'ex. È meglio parlarne bene, ed è ancora meglio non parlarne affatto perché ci sarà comunque qualcuno che vi troverà il veleno anche quando non c'è". Il pitone Merlo inizia a stringere la preda tra le sue spire: "Nelle aziende gli ex dirigenti sono addirittura pagati per tacere. E anche tra i giornalisti c'è l'inciviltà dell'ex che scrive contro il giornale del quale era una colonna, un columnist".

 

 

 

 

 

 

Chi vuole intendere intenda. Pochi giorni fa, presto di licenziamento, Rizzo si era sfogato contro il suo direttore Maurizio Molinari accusandolo di averlo fatto fuori senza  nemmeno averlo guardato in faccia. Per ora Rampini è rimasto in silenzio, invece, a differenza di quanto accaduto con Gad Lerner che scappato al Fatto quotidiano nel 2020 dopo il cambio di proprietà (fuori Carlo De Benedetti, dentro John Elkann) e il siluramento dell'allora direttore Carlo Verdelli. "In poche settimane è cambiata, non la riconosco più", si era sfogato Gad sui social. Parole che a molti, a Repubblica, erano suonate segno di profonda ingratitudine.

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