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Patrimoniale, il piano dell'Europa per una "tassa continentale": ecco come ci fregano

Michele Zaccardi
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Nonostante la guerra in Ucraina e la recrudescenza della pandemia sempre in agguato, le sirene della patrimoniale sono tornate a cantare. E questa volta la proposta non viene dal segretario Pd, Enrico Letta, o dai sindacati, ma dall'Europa. Per la precisione da Strasburgo, dove la Commissione per i bilanci del Parlamento Ue, organo che prepara i testi di legge, ha formulato uno schema per aumentare le tasse a tutti i cittadini europei. Certo, al momento si tratta soltanto di una bozza e in ogni caso i tempi non saranno brevi: l'emendamento al bilancio comunitario, una volta scritto, dovrà essere approvato dagli eurodeputati e dal Consiglio dei ministri Ue all'unanimità.

Sta di fatto che l'idea di una patrimoniale potrebbe concretizzarsi. E il suo obiettivo è chiaro: finanziare il Next Generation Eu (Ngeu). Si tratta del programma da 800 miliardi che l'Europa ha varato per aiutare i Paesi membri a uscire dalle secche della pandemia. Per reperire il denaro, l'Unione europea si è indebitata per la prima volta sui mercati. Tuttavia, mentre 385 miliardi di euro del pacchetto sono prestiti fatti agli Stati membri e spetta a loro restituirli, i restanti 338 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto che la Commissione Ue dovrà ripagare.

 

 

IL BUCO DA RIEMPIRE - Il problema, però, è che Bruxelles tutti quei soldi non ce li ha. Da qui l'idea di una «tassa di solidarietà e ricchezza», dal nome dello studio pubblicato dalla Commissione bilanci. Finanziato attraverso titoli emessi dall'Ue, «il programma Ngeu» si legge nel rapporto, «ha dato un grande aiuto economico agli Stati membri». Con una postilla: «le risorse per ripagare questo debito devono ancora essere decise». Ad eccezione della tassa sulla plastica, infatti, le entrate Ue sono le stesse di prima, quando il bilancio comune era molto più piccolo. E il piano di Bruxelles di ricavare 17 miliardi di euro all'anno da nuove imposte è ancora sulla carta.

Insomma, dopo essersi indebitata, la Commissione rischia di non riuscire a far fronte ai suoi impegni. Con la conseguenza di mettere in forse i fondi europei tradizionali che verrebbero tagliati per ripagare il Ngeu. «Al tempo stesso» prosegue lo studio, «serviranno altre risorse perla transizione ecologica e per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici». Per aumentare i fondi della Commissione, nello studio sono elencate quattro soluzioni. La prima è una vera e propria patrimoniale che andrebbe a colpire «la ricchezza netta degli individui».

 

 

Secondo le stime, le entrate potrebbero arrivare fino al 10,8% del Pil europeo, pari a 1560 miliardi di euro. La misura riguarderebbe tra l'1% e il 4,8% delle famiglie, che pagherebbero in media lo 0,3% sui propri risparmi. La seconda invece è quella di tassare i proprietari delle società quotate sulla base del valore delle azioni. In questo modo i titolari «delle imprese di maggior successo pagherebbero di più». La terza riguarda l'introduzione di un'imposta sui redditi più elevati. In pratica, la somma eccedente una soglia prefissata sarebbe qualificata come «retribuzione eccessiva» e tassata in aggiunta al prelievo stabilito a livello nazionale. Infine, quarta e ultima ipotesi, un'imposta una tantum sulle ricchezze finanziarie, tra le quali rientrano i risparmi detenuti sui conti correnti, nei fondi pensione e in quelli assicurativi.

CACCIA AI FONDI - Lo schema è chiaro: l'Unione europea ha bisogno di soldi e, per trovarli, vuole tassare tutto il tassabile. Il problema è che, stando ai Trattati, non può farlo, dal momento che il fisco è una prerogativa dei singoli Stati. Ma, spiegano gli autori dello studio, grazie alla legge che ha istituito il Ngeu, il Consiglio dei ministri Ue può aumentare le risorse a propria disposizione, introducendo nuovi balzelli, se ciò è necessario al «buon funzionamento del mercato unico o per raggiungere obiettivi ambientali». La fase di riscossione, invece, dovrà essere gestita dai governi nazionali che gireranno poi le somme a Bruxelles. Le nuove risorse, infine, potranno essere ottenute «più facilmente attraverso» l'introduzione «di tasse che non esistono a livello nazionale». Insomma, mentre in Italia siamo alle prese con i rincari che si mangiano risparmi e stipendi, l'Unione europea pensa a come tassarci. Come detto, si tratta di un canovaccio e non si sa se verrà approvato né quando. Ma è meglio stare in guardia. Nel mirino, infatti, potrebbero finire gli oltre 10mila miliardi di euro di risparmi degli italiani, tra case, titoli e conti correnti.

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