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Euro e petrolio precipitano, i mercati fiutano il disastro: che cosa sta succedendo

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Sandro Iacometti
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Euro, petrolio, inflazione, Borse. Oggi magari torna il sereno e tiriamo tutti un sospiro di sollievo. Difficile, però, ignorare ciò che è successo ieri. Troppi e troppo forti i segnali arrivati dai mercati, che sembrano aver fiutato il disastro imminente. A far scattare il primo allarme è stato l'andamento della valuta europea, che ha cominciato a scivolare fin dall'inizio della seduta, per poi chiudere a 1,024 dollari, in ribasso dell'1,72%. Per avere un'idea di cosa significa basti pensare che si tratta di un livello che non si vedeva dalla fine del 2002 e che il calo giornaliero è il maggiore dall'inizio del 2020 e dall'inizio della pandemia di Covid-19.

 

Record negativi che arrivano dopo una serie di ribassi che ha caratterizzato tutti i primi mesi dell'anno, con una flessione complessiva di circa il 9,8%. A spaventare gli investitori sono i venti di recessione che spirano in Europa, con i continui rialzi di gas ed elettricità che terranno l'inflazione a lungo su livelli elevati, che spingono gli acquisti del dollaro come bene rifugio. La «paura» di una frenata, ha ammesso il ministro dell'economia tedesco Robert Habeck, «nel futuro imminente è straordinariamente grande».

BANCHE CENTRALI
Non che negli Usa se la passino meglio. Tutti scommettono che la banca centrale statunitense continuerà ad aumentare i tassi di interesse, frenando l'economia, in modo sempre più aggressivo per combattere un rialzo dei prezzi che sembra non voler indietreggiare di un passo. A maggio, secondo l'Ocse, l'inflazione tendenziale nell'area è salita dal 9,2% di aprile al 9,6%. L'indice è aumentato in tutti i Paesi ad eccezione di Colombia e Giappone, Lussemburgo e Paesi Bassi.

Di qui la convinzione dei mercati che la recessione si allargherà ben oltre il Vecchio Continente. Una prospettiva, quella di un crollo globale della domanda e dell'attività produttiva, immediatamente rimbalzata sulle quotazioni del petrolio. Complice anche una previsione degli analisti di Citrigroup, secondo cui una retromarcia dell'economia potrebbe far scendere il prezzo del barile fino a 65 dollari e oltre. Previsione che ha scatenato una raffica di vendite dei futures che si è aggiunta a quelle già in atto. Risultato: il barile texano Wti è crollato del 9%, scivolando sotto i 100 dollari (98,56 dollari), peggio ha fatto il Brent, precipitato del 10,11% a 102,04 dollari.

La tempesta su valute e materie prime ha travolto a cascata tutte le Borse. Quelle del Vecchio Continente hanno archiviato la seduta con tonfi pesanti. Piazza Affari che ha visto l'indice Ftse Mib lasciare sul terreno il 2,99% a 20.705,06 punti e l'All Share in rosso del 2,91% a 22.681,71 punti. Decisamente giù anche Francoforte (Dax -2,91%), C'è attesa per i verbali di oggi della riunione della Fed di giugno, sebbene i trader si stiano già preparando a un nuovo rialzo dei tassi di 75 punti base a fine mese. Il Dow nella prima fase della seduta perdeva l'1,84%, l'S&P 500 l'1,57% e il Nasdaq lo 0,38%. E mentre i mercati vanno gambe all'aria per il rischio di recessio1.5 ne globale, noi iniziamo a fare i primi conti dell'inflazione. Il reddito disponibile delle famiglie nel primo trimestre dell'anno, secondo i dati diffusi ieri dall'Istat, è aumentato del 2,6% rispetto al trimestre precedente.

 

Tuttavia, per effetto del generalizzato aumento dei prezzi, il potere d'acquisto delle famiglie è cresciuto soltanto dello +0,3%. Mentre la propensione al risparmio delle famiglie è stata pari al 12,6%, in aumento di 1,1 punti percentuali, a fronte di una crescita della spesa per consumi finali più debole rispetto a quella del reddito disponibile. Insomma, dai numeri dell'Istat arriva la conferma alle difficoltà delle famiglie a far quadrare i conti, con il carovita che si è mangiato tutti i potenziali aumenti. L'unica cosa che non cala mai sono le tasse. Nel primo trimestre la pressione fiscale è stata del 38,4%, in aumento di 0,5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Mentre nei primi cinque mesi dell'anno le entrate dello Stati sono cresciute del 10,9%, con un incremento di gettito di oltre 18 miliardi. Londra (Ftse 100 -2,86%), Parigi (Cac 40 -2,68%), Madrid (Ibex 35 -2,48%). Negativa anche Wall Street, che non riesce a rialzare la testa dopo il weekend lungo dell'Independence Day.

WALL STREET
C’è attesa peri verbali di oggi della riunione della Fed di giugno, sebbene i trader si stiano già preparando a un nuovo rialzo dei tassi di 75 punti base a fine mese. Il Dow nella primafasedella seduta perdeva l’1,84%, l’S&P 500l’1,57%eil Nasdaq lo 0,38%. E mentre i mercati vanno gambe all’aria peril rischio di recessione globale, noi iniziamo a fare i primi conti dell’inflazione.

Il reddito disponibile delle famiglie nel primo trimestre dell’anno, secondo i dati diffusi ieri dall’Istat, è aumentato del 2,6% rispetto al trimestre precedente. Tuttavia, per effetto del generalizzato aumento dei prezzi,il potere d’acquisto delle famiglie è cresciuto soltanto dello +0,3%. Mentre la propensione al risparmio dellefamiglie è stata pari al 12,6%, in aumento di 1,1 punti percentuali, a fronte di una crescita della spesa per consumi finali più debole rispettoa quelladel reddito disponibile. Insomma, dai numeri dell'Istatarrivala confermaalle difficoltà delle famiglie a far quadrare i conti, con il carovita che si è mangiato tutti i potenziali aumenti. 

L’unica cosa che non cala mai sono le tasse. Nel primo trimestre la pressione fiscale è stata del 38,4%, in aumento di 0,5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Mentre nei primi cinque mesi dell’anno le entrate dello Stati sono cresciute del 10,9%, con un incremento di gettito di oltre 18 miliardi.

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