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Auto elettrica, lo studio che cambia tutto: perché inquina di più

Renato Farina
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Il recente salone mondiale dell'auto a Parigi doveva essere una sorta di concilio ecumenico per sancire il trionfo del dogma: per smettere di inquinare basta cambiare auto. Tutti e pure subito. Emmanuel Macron lo ha proclamato a favore di mondovisione. Ma proprio mentre si stava per incoronare la Vettura Elettrica come smacchiatore universale dei veleni atmosferici, sono emersi problemi a iosa. Insomma, stringi stringi, con una sintesi alla Fantozzi: l'auto elettrica è una boiata pazzesca. Non per chi la compra, che ha pure la sua bella convenienza (lo vedremo). Non per la Cina, che caverà denaro e potere di ricatto dal miraggio della potenza salvifica delle batterie che sono e saranno quasi 15 tutte prodotte dalle aziende di Xi Jin- 10 ping. Non per le banche, che - scrive Le Figaro - hanno trovato nel mercato delle auto elettriche «il nuovo Eldorado» da cui cavare oro, con i clienti invogliati a rabboccare con prestiti (o leasing) su misura i bonus generosamente forniti dai governi di tutta Europa.

 

 


È una boiata pazzesca per chi allora? Per tutti quelli che non potranno permettersi di acquistare queste vetture a tutt' oggi assai costose (non meno di 20mila euro) e che contribuiranno volenti o nolenti ai sussidi per chi quelle vetture se le può permettere, magari i favolosi Suv-elettrici. Noi classe media, con vecchie carrozze marcianti a benzina o a gasolio, per di più inseguiti da anatemi e divieti da sindaci tipo Beppe Sala, costretti a finanziare e a guardare come eroi i fighetti circolanti su splendide eco-portaerei elettrificate.

 

 


PROMESSE NON MANTENUTE
Soprattutto è una boiata pazzesca per il pianeta terra. Perché - per una serie di ragioni che proverò ad illustrare attingendole da studi che la propaganda del pensiero unico verde ignora per non rovinarsi il mercato dei gonzi - alla fine della fiera il mondo si ritroverà, proprio grazie ai veicoli a batteria, con l'atmosfera nient' affatto risanata ma persino peggiorata dall'ingresso in massa di queste macchine fatte passare come panacea mirabolante per rinfrescare il clima azzerando o quasi i mefitici gas serra. Non esiste infatti alcuna ricerca che confermi in modo scientificamente apprezzabile che le quantità di anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e protossido di azoto (N2O) iniettate nell'aria del globo, alla fine della conversione generale del parco auto d'Europa e dei Paesi più avanzati, saranno diminuite. Invece esistono studi che mostrano con certezza che in questo momento storico e per chissà quanto tempo, il bilancio sarà negativo.


Infatti capiamo tutti, non siamo ciechi, che dai tubi di scappamento delle auto dotate di motori alimentati a carburante fossile (si dice così) non viene emessa aria tipica delle montagne svizzere, mentre quelle che hanno in dotazione batterie ricaricabili infilando una spina nella presa, i tubi di scappamento non li hanno proprio. La questione sta nell'inquinamento che la fabbricazione delle citate batterie provoca. Bisogna immaginarsi una ciminiera alta e larga come un vulcano delle Ande, che pompa nel cielo della Cina quantità strabilianti di gas serra. E com' è noto non è previsto che l'anidride carbonica esibisca il passaporto alle frontiere: arriva, eccome se arriva, dovunque. E dove sta il guadagno? Seconda questione. Ad esempio. Quanta dell'energia elettrica iniettata nelle batterie è prodotta con fonti rinnovabili o con il nucleare, e quanta con materiali fossili? In Italia, ad esempio, siamo al 48 per cento prodotta con il gas a cui sommare il 4,9 per cento fornita da centrali a carbone.


IL DOGMA E LA LIBERTÀ
Dicevamo di Parigi. Quanta ipocrisia. Macron ha visitato la sezione del "Mondiale" (lo chiamano semplicemente così i francesi: oh la grandeur) occupata dalla Peugeot, e l'ha elogiata per la promessa di adeguarsi al comandamento formulato dall'Unione europea di produrre ovunque e subito auto elettriche. Poche ore dopo, ancora zuppo dell'acquasanta sparsa da Emmanuel le Petit, Carlo Tavares, l'amministratore delegato della immensa ditta che raduna Peugeot-Citroën e Fiat-Chrysler, ha esposto come Martin Lutero le sue tesi eretiche: «La decisione dogmatica di vendere solo auto elettriche nel 2035 (nell'UE) ha sin d'ora conseguenze sociali ingestibili». Ha aggiunto: «Non è accettabile il dogma del veicolo elettrico per tutti, perché è trop9,18,9 po costoso: come possiamo proteggere la libertà di movimento delle classi medie che non potranno acquistare un veicolo elettrico? Dire alla classe media "stattene in casa" non è politicamente gestibile». Dunque c'è un problema di libertà e di giustizia sociale. E ad essere punito è il ceto medio. In Italia, il provvedimento del governo dello scorso 5 ottobre prevede contributi fino a 7.500 euro per i veicoli elettrici e fino a 6.000 per le ibride, inoltre è stato anche stanziato un contributo fino all'80% della spesa per l'installazione di punti di ricarica nelle strutture private. Avete notato che in centro le auto elettriche trovano sempre parcheggio libero e si attaccano a colonnine sovvenzionate da noialtri fessi. Va bene così? È accertato che la produzione di una batteria per auto elettriche è un'operazione altamente inquinante.

La grandissima parte delle batterie agli ioni di litio è sfornata in Cina (nel 2021 era al 79% del totale globale, gli Stati Uniti erano secondi con il 6,2%, l'Ungheria con il 4%, e la Polonia con il 4,1%, l'Italia non è neppure citata nelle ricerche). E la Cina consuma energia all'80% ad emisssione di gas serra. Inoltre, l'estrazione e la lavorazione dei materiali necessari per la produzione delle batterie richiede molta energia e altera l'equilibrio ecologico. Queste operazioni «sono la fonte di un decimo delle emissioni globali», secondo France Stratégie, con acciaio e alluminio che hanno un peso considerevole a causa dei volumi estratti. Questi due metalli rappresentano quasi il 40% della composizione di una batteria per auto elettriche, oltre a rame, grafite, cobalto e litio. Noi italiani non ne abbiamo uno zic di questa roba preziosa ormai più dell'oro. Per questo l'auto elettrica è una boiata pazzesca. Ci impicchiamo alla corda cinese, e per di più inquiniamo il mondo. Gli ultimi studi dicono - facendola breve, e senza considerare i costi di riciclaggio delle batterie - che solo le piccole city-car hanno conseguenze meno dannose per l'ambiente di quelle tradizionali. Quelle più grosse, dotate di batterie del peso fino a 750 kg (!), che filano per quasi mille chilometri, sono secondo l'Agenzia francese per la transizione ecologica (Ademe) perniciose più del Diesel. Questo in Francia, dove l'energia elettrica è basata sul nucleare. In Italia il calcolo boccerebbe anche le city car elettriche. Ma - come diceva Totò - "Io pago". 

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