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Casa Green, il conto della patrimoniale: ecco quanto pagheremo

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Michele Zaccardi
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Matteo Salvini aveva già bollato l’incombente direttiva Ue sulle case come una «patrimoniale mascherata». Non solo manca uno stanziamento europeo che possa alleviare gli oneri a carico dei bilanci nazionali, ma per l’Italia il conto da pagare potrebbe essere salatissimo. Stando ai calcoli dell’Ance, infatti, il costo per l’applicazione della direttiva sarebbe pari a 59 miliardi di euro. Quasi tre punti percentuali di Pil e il doppio della manovra finanziaria per il 2023. Uno sforzo di dimensioni belliche che, tra l’altro, penalizzerà molto di più l’Italia rispetto agli altri grandi Paesi europei. Sulla base delle certificazioni degli edifici raccolti sempre dall’associazione dei costruttori, infatti, il 60% degli immobili italiani si trova nelle due classi energetiche peggiori (G e F), contro il 17% della Francia e il 6% della Germania (al netto della quota residuale rappresenta dalle prime case di proprietà). Per adeguarsi ai diktat di Bruxelles, insomma, servirà una massa enorme di risorse, superiore persino a quella movimentata dal Superbonus 110, che in due anni ha consentito di realizzare investimenti per 62,5 miliardi (ma che è costato alle casse dello Stato 68,7 miliardi in detrazioni fiscali). Secondo l’Ance «occorrono 40 miliardi per riqualificare i soli immobili residenziali e altri 19 per quelli strumentali, a un ritmo folle: ogni anno andranno realizzati almeno 215mila interventi di riqualificazione, molti di più dei 359mila fatti da quando, a luglio 2020, è stato introdotto il Superbonus».


STIME PRUDENTI
Attenzione, però: si tratta di stime prudenti. Nei calcoli sono considerati solo quegli edifici sui quali, stando al testo del provvedimento, sarà necessario intervenire prima, ovvero il 15% del patrimonio più energivoro, che verrà collocato nella classe più bassa, la G (per l’Italia 1,8 milioni di immobili residenziali). Inoltre, lo studio dell’associazione si basa sulla proposta originaria presentata dalla Commissione europea che prevedeva per gli edifici residenziali l’obbligo di passare alla classe E entro il 2033. Il testo approvato dal Parlamento Ue ieri, invece, anticipa le scadenze al 2030 per la classe E e al 2033 per la D. Un obiettivo che per l’Italia, al di là del costo proibitivo, appare irraggiungibile. MutuiOnline ha provato a stimare l’impatto della direttiva: adeguarsi ci costerebbe 540 miliardi di euro, 27 punti di Pil. Le abitazioni su cui si dovrebbe intervenire sono 27 milioni: significa, scrive la società attiva nel settore dei mutui, che «entro il 2033 bisognerebbe ristrutturare 7.400 case al giorno». Con evidenti conseguenze sui costi dei lavori, che verrebbero gonfiati per le richieste. Senza contare il fatto che «si andrà incontro a una perdita notevole di valore degli immobili che non rientrano in queste classi energetiche».


Anche l’Associazione delle società di ingegneria e architettura aderente a Confindustria, Oice, ha formulato alcune stime. In particolare: «Un edificio tipo costruito negli anni ’80 e ubicato a circa 400 metri sul livello del mare, nell’ipotesi di 5 piani fuori terra, con appartamenti della superficie media di circa 105 mq, il passaggio da una attuale classe G alla classe D porta ad un costo minimo medio di circa 40.000 euro ad appartamento con intervento sull’involucro esterno (pareti, copertura e solaio sottostante al primo piano riscaldato). Con un intervento più organico (infissi, caldaie e impianto fotovoltaico condominiale) se ne dovrebbero aggiungere altri 20.000 per appartamento».

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