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Banche, effetto-domino: disastro di Joe Biden, può saltare tutto

Joe Biden

Sandro Iacometti
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Il peggio è passato?. Manco per niente. I salvataggi hanno fatto cilecca. E i titoli bancari, che hanno percorso più volte la linea fra i timori e il panico dei mercati, hanno chiuso la settimana con un notevole tonfo, facendo segnare agli indici azionari livelli notevolmente più bassi rispetto a venerdì scorso. Complice la seconda caduta in tre giorni di Credit Suisse, che dopo un parziale rimbalzo nella giornata di giovedì dopo il maxi aiuto di 50 miliardi accordato dalla Banca nazionale svizzera è tornata ieri a registrare forti perdite del titolo a Zurigo. Pesano anche gli strascichi del fallimento di Silicon Valley Bank - avviata verso la procedura di bancarotta controllata - e il crollo di First Republic Bank, anch’essa puntellata da un prestito di 30 miliardi garantito da una cordata di banche che si è rivelato inutile. A poco sono servite anche le parole del presidente Usa. Nel tentativo di smorzare la paura di un possibile contagio, Joe Biden è tornato ieri a rassicurare sulla resilienza del sistema bancario americano che, a suo avviso, va rafforzata con «sanzioni più severe per i manager delle banche fallite». Rassicurazioni cadute però nel vuoto.

Risultato: Milano ha perso l’1,63%, Francoforte l'1,33% Zurigo l’1,03% e Parigi l’1,43%. A Piazza Affari le vendite su Unicredit hanno raggiunto il 3,59%. Ben oltre è andata First Republic Bank a Wall Street, con perdite oltre il 26% e una sospensione per eccesso di volatilità in avvio di seduta.La seconda banca svizzera ha poco a che fare con la banca regionale Usa di riferimento del settore tech. Ma l'occhio degli investitori ha evidentemente trovato in Credit Suisse la potenziale nuova fonte di problemi per il settore.

 

 

Sembra non essersi ancora esaurito l'effetto delle parole di Ammar Al Khudairy, presidente della Banca nazionale saudita prima azionista, che aveva escluso categoricamente di poter fornire nuova liquidità proprio al termine dell'ultimo aumento di capitale. Dopo una chiusura in forte rialzo del 18,68%, Credit Suisse ha chiuso la settimana perdendo l'8,16%, con un picco di ribassi dell'11,82% a 1,78 franchi svizzeri, vicino al minimo storico di mercoledì.

A New York Svb Financial Group, capogruppo della banca fallita una settimana fa, ha annunciato di aver avviato le procedure per la bancarotta assistita - il cosiddetto Chapter 11 - per una riorganizzazione sotto supervisione al tribunale del distretto meridionale con l'obiettivo di «preservare valore». Il gruppo ha precisato in una nota di non non essere più affiliato con la Silicon Valley Bank, dato che la nuova Silicon Valley Bridge Bank opera sotto la giurisdizione della Federal Deposit Insurance Corporation e non è inclusa nelle procedure.

«La procedura per il Chapter 11 consentirà a Svb Financial Group di preservare il valore mentre valuta alternative strategiche per le sue attività e asset di valore, in particolare Svb Capitale Svb Securities», ha affermato William Kosturos, chief restructuring officer di Svb Financial Group, aggiungendo che «Svb Capital e Svb Securities continuano a operare e servire i clienti, guidati dai loro team di leadership indipendenti e di lunga data».

 

 

Anche se il crollo, il fallimento e la chiusura di Svb una settimana fa sono sembrati improvvisi, il primo allarme era scattato più di un anno fa, quando la Federal Reserve Bank di San Francisco nominò un gruppo di revisori più esperti per esaminare la banca. Come ha riportato Bloomberg, la squadra ha cominciato a segnalare un problema dopo l'altro, lanciando una serie di avvertimenti formali alla dirigenza della banca, con l'invito a correggere una serie di gravi debolezze nelle operazioni e nella tecnologia impiegate. Inoltre, alla fine del 2022 è stato segnalato un problema critico legato al modo in cui la banca teneva traccia dei rischi legati ai tassi di interesse- tra le cause principali del suo crollo, quando ha dovuto procedere alla svalutazione dei titoli posseduti - che andava migliorato.

La palla ora passa alla Fed. Alla riunione di martedì e mercoledì, la banca centrale Usa è attesa annunciare un rialzo del costo del denaro dello 0,25%.
Non tutti sono però convinti che Jerome Powell procederà con un nuovo aumento: alcuni ritengono probabile il mantenimento dello status quo, mentre altri chiedono addirittura un taglio del costo del denaro a sostegno di banche e soprattutto di un'economia che rischia una recessione pesante. Staremo a vedere. 

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