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Terre rare, la mappa del tesoro: Italia, sfida senza precedenti alla Cina

Attilio Barbieri
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Governo al lavoro per consentire la riapertura di alcune miniere in territorio italiano. Anche a causa del «rischio elevato di approvvigionamento delle materie prime critiche, cioè quelle non energetiche e non agricole», come ha spiegato il ministro del Made in Italy Adolfo Urso. Materie prime di cui il nostro sottosuolo è ricco tanto da offrirne almeno 16 sulle 34 indicate dalla Commissione Ue come strategiche perla loro rilevanza nella transizione ecologica e digitale. Ma queste «si trovano in miniere chiuse 30 anni fa». Per questo «occorre investire e riattivare queste potenzialità, riaprendo le miniere», ha aggiunto Urso. Nel corso di un’audizione in Commissione Industria al Senato, il ministro ha spiegato che la maggior parte delle materie prime critiche vengono importate dalla Cina: per questa ragione è necessario che finiscano «le ipocrisie sul tira e molla che riguarda scavi e miniere».

 

 

Al momento, infatti, in Europa, la maggior parte delle materie prime critiche viene importata dall’estero, la Cina è il maggiore fornitore: «da sola garantisce attualmente il 49% del fabbisogno effettivo di materie prime critiche globali». La sfida è di quelle destinate a lasciare un ricordo nelle generazioni future. «Siamo nelle fasi che ricordano la corsa all'oro del diciannovesimo secolo», ha chiosato Urso, «le stime indicano che nel 2050 la domanda di litio per le batterie aumenterà di 89 volte, la domanda di terre rare crescerà di 6-7 volte, quella di gallio di 17 volte. Ora l’Unione europea acquista il 97% del magnesio dalla Cina, le terre rare pesanti utilizzate nei magneti permanenti sono raffinate esclusivamente in Cina, il 63% del cobalto mondiale utilizzato nelle batterie viene estratto nella Repubblica democratica del Congo, mentre il 60% viene raffinato in Cina».

 


Certo, l’Italia è brava a riciclare ed entro il 2040 il 40% del fabbisogno di questi materiali arriverà dall’economia circolare. Ma non sarà sufficiente se vogliamo vincere la sfida della transizione ecologica. E c’è poi il grande tema legato alle autorizzazioni. Oggi ci vogliono 15 anni in Europa per avere il via libera per aprire una miniera, a fronte dei 7 anni negli Stati Uniti, 2 in Canada e 3 mesi in Cina. Non possiamo permetterci tempi così lunghi.
Entro la fine di quest’anno è attesa l’approvazione nella Ue di un regolamento dedicato proprio all’estrazione. «Intanto l’Italia», ha concluso il ministro, «avrà compiuto un proprio percorso di riforma legislativa, per consentire a chi vuole operare in Italia di farlo in un contesto di certezza». Nel frattempo, Italia, Francia e Germania torneranno a incontrarsi per affrontare il dossier delle materie prime critiche dopo il tavolo di Berlino del giugno scorso.

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