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Bce, doppio gioco sulle banche: schiaffi all'Italia? Ma un mese fa le stangava

Sandro Iacometti
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 Il giudizio è netto e severo. La tassa sugli extraprofitti varata dal governo, avverte la Bce, ricordando che non potrà comunque essere usata per risanare il bilancio pubblico, «potrebbe rendere più difficile per gli istituti costituire riserve di capitale aggiuntive, in quanto i loro utili non distribuiti si ridurrebbero, rendendoli meno resilienti» e tali imposte straordinarie rischiano di «avere effetti economici negativi limitando la capacità degli istituti di erogare credito e contribuendo a condizioni meno favorevoli per i clienti». Non solo. Il balzello può, nell’ordine, portare alla «frammentazione del sistema finanziario europeo», «mettere a repentaglio la stabilità della trasmissione delle misure di politca monetaria», «creare incertezza, «danneggiare la fiducia degli investitori e potenzialmente anche il costo del finanziamento per le società». Insomma, una vera e propria catastrofe. Il parere espresso nella lettera inviata dalla presidente Christine Lagarde al governo italiano non è una sorpresa, visto che una posizione molto simile era già stata espressa nei confronti della Spagna, che si è mossa nella stessa direzione, ma resta comunque soprendente.

ZERO RENDIMENTI
Tralasciamo il fatto che il sistema bancario ha intascato margini stellari sulla differenza tra interessi passivi e attivi proprio grazie alla raffica di nove rialzi consecutivi dei tassi da parte della Bce (ieri, giovedì 14 settembre, il decimo rialzo, ndr). E tralasciamo pure che è stata la stessa Banca centrale, nei mesi scorsi, ad invitare più volte gli istituti di credito ad adeguare i generosi rendimenti incamerati sui prestiti a quelli assai esigui offerti alla clientela sui depositi. Quello che più stupisce è che solo un mese fa a stangare le banche è stato proprio l’organismo guidato da madame Lagarde. Nel direttivo del 27 luglio, infatti, oltre ad alzare i tassi di 25 punti base, la Bce ha anche deciso di azzerare a sorpresa la remunerazione delle riserve obbligatorie detenute dalle banche presso Francoforte. Fino al giorno prima le somme, che sono ingenti e corrispondono a circa l’1% della base depositi, erano remunerate in base al tasso di interesse sui depositi ordinari presso la Bce (il 3,50% a fine luglio). Dal giorno dopo la percentuale è diventata pari a zero. Un giochino contabile? Non proprio. Secondo gli analisti l’intervento costerà alle banche circa 6 miliardi di euro, che equivale ad un impatto negativo sugli utili tra l’1 e il 2%.

 

Ieri il dg dell’Abi, Giovanni Sabatini, si è affrettato a dichiarare la «convergenza» dell’associazione bancaria con le valutazioni della Bce. La stessa convergenza non si era, però, riscontrata a fine luglio, quando il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, spiegò che la mossa «da ora costerà alle banche, così come è stata ed è onerosa la decisione della Bce dell’autunno scorso di rendere significativamente costosa la residua liquidità concessa alle banche attraverso i piani di finanziamento a lungo termine Tltro». Ricapitoliamo. Ora la Bce dice che privare le banche di una parte dei loro guadagni potrebbe avere conseguenze abnormi e mettere a rischio la trasmissione della politica monetaria. A luglio, però, la stessa Bce ha deciso di sforbiciare gli utili degli istituti per, questa era la motivazione, «preservare l’efficacia della politica monetaria, assicurando la completa trasmissione delle decisioni sui tassi ai mercati monetari». Nell’attesa di capirci qualcosa, ieri a Francoforte è stato scelto il nuovo capo della Vigilanza Ue. Al posto dell’italiano Andrea Enria, in scadenza di mandato arriverà la tedesca Claudia Buch, che ha battuto a scrutinio segreto la spagnola Margarita Delgado.

 

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