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Green, ora il futuro passa dal nucleare: sconfessati 35 anni di battaglie ecologiste

Maurizio Zottarelli
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Dunque, all’improvviso scopriamo che il futuro immediato della transizione ecologica è l’atomo, che la strada verso il paradiso dell’energia pulita e rispettosa dell’ambiente porta diritto verso le centrali nucleari. Alla Cop 28, la conferenza sul clima di Dubai, infatti, i capi di Stato convenuti non sono sembrati d’accordo su molte cose, ma su un punto 22 Paesi, tra cui Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, hanno trovato la sintesi: l’impegno a triplicare la capacità di energia nucleare da qui al 2050. Triplicare. E l’inviato per il clima Usa, John Kerry, uno che quando nel 2004 si presentò alle presidenziali americane puntò tutto sulla battaglia ecologista (perdendo), ha spiegato che «senza l’energia atomica non è possibile arrivare a zero emissioni nel 2050».

Un bel salto nel passato perla sinistra e gli ecologisti italiani che il nucleare l’avevano seppellito oltre 35 anni fa con i tre referendum del 1987 che sancirono la chiusura delle quattro centrali allora presenti sul territorio e la nostra insuperabile dipendenza dall’energia fossile, oltre che dal nucleare altrui. Per decenni l’energia atomica è stata relegata nella stanza degli orrori, un incubo che evocava i fantasmi di Chernobyl e dell’irreversibile distruzione del pianeta; per decenni, ambientalisti accorati hanno sventolato studi scientifici per dimostrarci che l’unica via verso la salvezza erano le energie rinnovabili e ora, altri scienziati e altri ambientalisti ci spiegano che l’energia rinnovabile non potrà mai bastare, che oltre un certo limite è troppo costosa e anche ecologicamente invasiva.

I paladini del “no nuke” (ricordate le infinite manifestazioni, le inchieste, i cartelli, gli adesivi sulle auto, le magliette...?) ora sembrano scomparsi. O forse sono gli stessi che, consapevoli che senza l’aiuto dell’atomo la loro auto elettrica non potrà continuare a scorrazzarli per il centro cittadino, si sono messi al seguito nei nuovi guru dell’ambientalismo atomico.

I giornali di ieri erano tutta una celebrazione della svolta. L’ex ministro della Transizione del governo Draghi, Roberto Cingolani, sul Corriere della Sera spiegava che finalmente abbiamo superato «il momento di impasse ideologico». La Stampa parlava di «scommessa nucleare». Repubblica, a dire il vero, sollevava qualche dubbio: «La scommessa dell’atomo ha costi alti e tempi lunghi. Il clima non può attendere». In un lungo articolo il quotidiano spiegava che dal momento in cui si comincia a progettare una centrale a quando questa entra in funzione passano dai 10 ai 15 anni. Tempi, quindi, incompatibili con le nostre esigenze e, per di più con costi altissimi. Ci si dimenticava però di spiegare che se l’Italia si trova in questa situazione è proprio perché 36 anni fa una tambureggiante battaglia ideologica condotta anche da quelle stesse colonne bloccò il nucleare nel nostro Paese rendendo, di fatto, dei residuati industriali quelle che al momento erano 4 tra le centrali più moderne esistenti.
Ma si sa che uno dei punti di forza dell’ideologia è quello di avere sempre ragione, anche quando ha torto.

Sta di fatto, comunque, che anche il grande pensatoio ambientalista di Repubblica ieri dedicava ben tre pagine alla svolta nucleare. E alla pagina successiva, in un’intervista Stefano Buono, fisico e imprenditore, amministratore delegato di Newcleo argomentava che «il nucleare è l’unica soluzione che il mondo ha per invertire le tendenze attuali, contribuendo a costruire un mondo a zero emissioni, uscendo così dall’emergenza climatica e ambientale». Un meraviglioso mondo verde a energia atomica. E le battaglie contro il nucleare, e la difesa democratica del referendum? Tutto «superato», spiegava Buono. «La situazione tecnologica e socio-politica è completamente diversa rispetto agli anni ’80. Allora non si parlava di decarbonizzazione, emergenza climatica e sovranità energetica. L’industria nucleare era diversa da quella attuale. Per cui oggi si possono scrivere leggi su un nuovo nucleare, di nuova generazione e su nuove necessità senza consultazioni». Con tanti saluti alla volontà popolare ed ecologista.

E quale sarebbe il nuovo nucleare? Ma quello su cui sta lavorando Newcleo, la quale per realizzare i suoi reattori ha già raccolto centinaia di milioni di dollari da diversi investitori tra i quali Exor, il gruppo della famiglia Agnelli-Elkann che, sorpresa, controlla anche Repubblica. Ora, però, niente malignità che l’ecologia è una battaglia ideale, non business.

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