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Fornero, Pd e patrimoniale? Italiani già prosciugati da 100 tasse

Andrea Valle
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«In questo Paese non solo ti massacrano di tasse, ma è anche complicato pagarle...». La saggezza di un imprenditore artigiano di lungo corso- uno di quelli del distretto produttivo di Modena che hanno fatto il miracolo economico italiano partendo dalle macerie del dopo guerra la dice lunga sull’Italia e l’infinito calendario delle scadenze fiscali.


La verità è che gli italiani oltre a subire uno dei prelievi erariali più alti dell’area Ocse devono fare i conti con una grandinata di imposte, balzelli e scadenze da far girare la testa. «L’Italia nel 2022 ha visto un aumento dell’incidenza della tassazione sul Pil, passata al 42,9%, dal 42,4% del 2021 e dal 42,6% del 2020, restando comunque stabile nella graduatoria internazionale sul peso del fisco». Sta di fatto che tra i 38 Paesi della classifica ci guadagniamo il ben poco invidiabile primato del quinto posto della classifica mondiale.

 

 

Sono un centinaio - stando al tradizionale report della Cgia di Mestre - quelle pagate dai contribuenti italiani. Secondo il report annuale del ministero dell’Economia nel 2022 le entrate tributarie hanno fruttato un gettito di 544,528 milioni di euro, con un incremento di 48.484 milioni sul 2021 (+9,8%). E già questa enormità di prelievo dovrebbe far venire i brividi. C’è poi da impazzire ad elencare le imposte, i balzelli, i bolli e i prelievi che vanno a pescare in ogni modo possibile nelle tasche dei contribuenti (persone fisiche o imprese).


Partiamo dalle imprese devono pagare l’imposta regionale attività produttive (Irap), legata al fatturato (un prelievo compreso tra il 4,25% e l’8,50%). Le società invece, sono tenute a versare l’Ires (che è mediamente del 24%, mentre le società di comodo devono tenere conto di una maggiorazione del 10,5). C’è poi da tenere conto delle ritenute sugli utili societari. Che è prevista per gli utili distribuiti tra i soci (circa il 26%). Poi si entra nel campo dei balzelli minori: diritti Camere di Commercio, la tassa annuale sui registri contabili e pure l’Ias (Imposta adeguamento diritti contabili). Deve essere versata dalle società che provvedono ad adeguare i bilanci agli standard internazionali. L’imposta deve essere versata in funzione del proprio fatturato. Se si lavora con Paesi esteri si è tenuti a sborsare le imposte doganali.

 

 

 

Mentre i professionisti iscritti ai rispettivi albi professionali sono tenuti annualmente a versare un bollo annuale. Chi poi risulta intestatario di una concessione demaniale (spiagge, miniere, bacini, ecc) deve tener conto di pagare l’imposta regionale per le concessione beni demaniali. I piccoli esercizi che si azzardano a mettere un tavolino sulla strada devono pagare la tassa di occupazione del suolo pubblico. Così come l’imposta per le insegne o anche sui tendalini per fare ombra alle vetrine. Non se la passano meglio lavoratori e pensionati. L’Irpef imposta sulle persone fisiche- è una mazzata per chi è assunto come dipendente che preleva in proporzione al reddito una fetta consistente del salario. Poi ci sono le addizionali comunali e regionali, le imposte di soggiorno. La fantasia tributaria non ha limiti. L’Iva, imposta sul valore aggiunto, è la ciliegina sulla torta e si mangia una bella fetta (22%) di tutto quello che viene prodotto, creato, trasformato, venduto o realizzato. Insomma, è come avere un socio che fa poco ma si pappa comunque metà dell’incasso... 

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