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Stellantis, i conti non tornano: regalati centinaia di miliardi pubblici

Sandro Iacometti
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No, gli Agnelli-Elkann non ci stanno ad essere trattati da parassiti o approfittatori dopo tutto il bene che hanno fatto al Paese. John Elkann ieri ha preferito parlare del nuovo progetto velistico della Ferrari, ma dopo le sportellate arrivate da Giorgia Meloni durante il questione time, un “portavoce di Stellantis Italia” ha voluto mettere in chiaro la questione. Il gruppo, ha spiegato, «è fortemente impegnata in Italia e lo ha fatto negli ultimi anni. L’azienda ha investito diversi miliardi di euro nelle attività italiane per nuovi prodotti e siti produttivi». E non è tutto, perché «oltre il 63% dei veicoli prodotti lo scorso anno negli stabilimenti italiani di Stellantis sono stati esportati all'estero, contribuendo così alla bilancia commerciale italiana».

Caso chiuso? Non è così semplice. Già perché quei «diversi miliardi» investiti dagli Agnelli-Elkann in Italia dovrebbero essere messi a confronto con le vagonate di miliardi che l’Italia ha investito in Fiat-Fca-Stellantis. Quanti? La cifra esatta, tra incentivi all’acquisto di veicoli, sostegno agli investimenti ed esborsi per la cassa integrazione, non la sa nessuno. Ma tutte le stime arivano alla stessa conclusione: le somme sono ingenti e tutte, a occhio e croce, ben più alte di quelle che, secondo il “portavoce” il gruppo avrebbe investito. Il calcolo più esorbitante è quello sfornato dal sindacato Cub, che parla di circa 500 miliardi di aiuti concessi dal dopoguerra ad oggi, compresa l’acquisizione del gruppo Alfa Romeo a prezzo di saldo (500mila euro) e lo stabilimento di Melfi pagato dallo Stato per il 50% (1,5miliardi).

 

 

 

Non ci va leggera neanche Federcontribuenti, che nel 2012, valutò in circa 220 miliardi il bottino incassato dal gruppo torinese dal 1975 tra contributi a fondo perduto, casse integrazioni, prepensionamenti e rottamazioni. Cifra forse esagerate. Ma sempre nel 2012 il deputato di Fratelli d’Italia, Masso Corsaro, quantificava, in una interrogazione parlamentare, in circa 100 miliardi i finanziamenti diretti e indiretti. Ben più bassa, ma sempre assai consistente, è invece la rilevazione effettuata dalla Cgia di Mestre, secondo cui tra il 1977 e il 2012 la Fiat avrebbe ricevuto contributi a fondo perduto per circa 7,6 miliardi di euro.

 

 

 

Ma non c’è bisogno di andare così indietro nel tempo per verificare quanto lo Stato sia stato generoso con il suo principale player dell’automotive. Basti pensare ai 369 milioni con cui il governo supporterà la Gigafactory di Termoli oppure alla maxi linea di credito da 6,3 miliardi concessa dal governo Conte II tramite Intesa Sanpaolo con garanzia Sace a Fca Italy nel 2020, durante la pandemia, per «preservare la filiera automotive italiana». Il prestito è stato restituito in anticipo da Stellantis nel 2022, ma la produzione non è ancora tornata ai livelli pre-Covid, mentre dal 2021 il gruppo ha lasciato a casa quasi 8mila lavoratori. E dal 2000 molti di più visto che i dipendenti Fiat in Italia erano 74mila e oggi quelli di Stellantis sono circa 45mila, di cui 26mila nell’auto e di cui la maggior parte e in Cig una o due settimane al mese. 

 

 

 

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