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Draghi lancia l'allarme: "Europa penalizzata da nuovo ordine mondiale"

 Mario Draghi

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Nel suo confronto con i ministri delle Finanze dell'Ue all'Ecofin informale di Gand, Mario Draghi ha sottolineato che "quando guardiamo ai nostri principali concorrenti, e agli Stati Uniti in particolare, il divario è ovunque: produttività, crescita del Pil, Pil pro capite".

"Perché?", chiede l'ex premier.  "Ci sono tre serie di fatti: l'ordine economico globale in cui l'Europa ha prosperato è scosso; facendo affidamento sull'energia russa, sulle esportazioni cinesi e sulla difesa degli Stati Uniti, questi tre pilastri sono meno solidi di prima; la velocità nell'intraprendere la transizione verde sta imponendo un'esigenza di velocità nel cambiamento delle nostre catene di approvvigionamento e la velocità di cambiamento imposta dall'intelligenza artificiale nel digitale".

 

 

Draghi ha quindi evidenziato "la necessità di azioni coraggiose se vogliamo finanziare i costi della doppia transizione e della difesa e mantenere i nostri modelli sociali e la coesione sociale". Insomma, occorrono investimenti "enormi", che ovviamente vanno finanziati, altrimenti resteranno sulla carta. Così Draghi ha discusso con i ministri le possibili vie per recuperare il gap di investimenti, ormai cronico, dell'Europa affezionata all'austerity nei confronti degli Usa. Illudersi che bastino i soldi pubblici dei singoli Stati, ha spiegato l'ex presidente della Bce, è comunque vano, perché "non saranno mai sufficienti".

L'ex premier ha dato indicazioni chiare, sia pure sotto forma di interrogativi o suggerimenti: sui finanziamenti pubblici a livello nazionale, ha sottolineato che va valutato quanto "spazio fiscale" possa garantire il nuovo patto di stabilità ai singoli Paesi. Quando era premier, l'ex governatore aveva più volte rimarcato che, senza incentivi regolatori seri per gli investimenti per il verde e il digitale, semplicemente gli Stati membri con i bilanci più deboli non li avrebbero fatti. Il che non farebbe altro che accrescere, di nuovo, le divergenze interne all'Unione, che Next Generation Eu ha contribuito a ridurre.

 

 

Anche se Draghi ha formulato degli interrogativi, come la pensa è abbastanza chiaro da come li ha articolati. Il gap di investimenti che separa l'economia Ue da quella Usa, che si va allargando sempre più ed è ormai salito a "mezzo trilione l'anno", è composto, ha rimarcato, solo per "un terzo" da investimenti pubblici. I due terzi sono ascrivibili all'investimento privato, negli Usa. E qui entra in gioco la necessità di mobilitare il cospicuo risparmio degli europei per finanziare l'economia reale, cioè le imprese del Vecchio Continente. E per poterlo convogliare verso usi più produttivi, cioè nei titoli emessi dalle imprese europee, serve l'Unione dei mercati dei capitali.

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