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Mutui alle stelle e svolta green, la prima sfida deve essere la casa

Gianluigi Paragone
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Oggi non c’è battaglia politica più sovranista e identitaria di quella a difesa della casa. La Democrazia cristiana lo sapeva bene: il nucleo della identità stava in quel baricentro fisico, materiale, reale, che era (ed è ancora) il bene immobiliare. Casa e bottega sentivamo ripetere dai nostri nonni e in quella scansione c’era l’identikit del piccolissimo imprenditore, del lavoratore autonomo, dell’artigiano: c’era insomma quel mondo fatto di sacrifici, fatica e sudore con cui siamo diventati grandi. Possedere una casa era un tagliando di soddisfazione personale oltre che un attestato sociale: significava avere garantito alla propria famiglia una certa stabilità perché «quando hai un tetto sicuro sopra la testa sei a posto». Si indebitavano con le banche e per quel debito non dormivano la notte, i nostri nonni o i nostri genitori. I quali però sapevano di poter contare su una banca che, per quanto non ti regalasse i soldi, non puntava a cannibalizzare il cliente. Cosa che invece accade oggi: ogni formula di prestito è una nuova offerta “commerciale” di un market finanziario la cui fantasia non conosce limiti. Ci siamo infilati in una “vita a rate” (così avevo titolato il mio terzo libro) senza più capirne i rischi.

La casa, dicevamo. E la bottega, intesa come proiezione di quel dinamismo imprenditoriale dove l’impresa era per lo più di tipo famigliare. Era il garage, era una stanza in più, era il capannone. Era ogni tipo di spazio dove ci si potesse agganciare a un territorio con una vocazione industriale, piccola o media.

 

 

Oggi il paradigma è cambiato: la casa sta diventando una croce, come se questa nostra particolare forma di ricchezza privata fosse una colpa da espiare. E allora ecco la supertassa europea della “casa green” (c’è chi parla di non meno di 35mila euro di spesa ad abitazione se si vuole un normale adeguamento alle classi energetiche fissate dall’Europa; ma si può arrivare anche a 60mila) che si aggiunge alle spese sempre più alte legate al mattone, dal riscaldamento a spese burocratiche varie o ancora alle continue “creste” denunciate dalle associazioni dei consumatori.

VITA A RATE E A RISCHIO - Per non dire dei due milioni di italiani che rischiano di perdere la propria abitazione messa come garanzia della “vita a rate” che ormai conduciamo in bilico tra incoscienza e necessità. Il centro studi Nomisma ha scattato una fotografia drammatica su cui la classe politica mi sembra abbia capito poco: il 16% delle famiglie con debiti vari si divide tra chi è già insolvente (il 4%) e chi è in bilico (il 12%) nel senso che paga a singhiozzo e teme che la caduta non sia improbabile visto l’aumento delle rate causato dall’inflazione o per difficoltà lavorative dell’indebitato. Va anche aggiunto che la vendita all’asta dell’immobile pignorato non sempre (a dire il vero la cosa sta diventando una costante) copre l’indebitamento, lasciando pertanto un debito residuo.

 

 

Quando sostengo che la casa è la più importante sfida in capo a questa classe politica, intendo proprio questo agglomerato di questioni: di edilizia popolare non se ne sente più parlare; il proprietario di case che si ritrova la casa occupata è privo di tutele; chi si vede la casa messa all’asta oltre a subire una profonda umiliazione (per gli italiani la casa è quella garanzia di sostentamento per la famiglia oltre che un tagliando della propria crescita sociale e professionale) non estingue l’ammontare del debito. E allora siamo punto e a capo.

Per non dire delle tasse e delle spese sempre in aumento, o dell’incubo ristrutturazioni ed adeguamento ecosostenibile. Tornare a vedere la casa non solo come un asset ma come valore sociale e come patrimonio delle famiglie italiane - a parer mio - sarebbe quanto mai doveroso. Per evitare che il bubbone ci scoppi in faccia. 

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