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Il Pil cresce ancora, i dati che smentiscono la sinistra

Attilio Barbieri
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Andiamo meglio del previsto. L’ufficio studi di Confcommercio ha alzato le stime sul Pil del primo trimestre. Rispetto agli ultimi tre mesi del 2023 il Prodotto interno lordo cresce dello 0,3%, mentre la stima precedente si fermava al +0,1%. Sul primo trimestre dello scorso anno, invece la crescita è dello 0,5%, rispetto al +0,3% previsto nell’analisi congiunturale diffusa dalla confederazione di Piazza Belli il mese scorso.

«La nostra economia, pur vivendo un periodo non particolarmente dinamico, continua a trovare importanti spunti di vivacità, provenienti soprattutto dal settore dei servizi e, con particolare forza, dal turismo degli stranieri», si legge nell’analisi. E «sono ancora soddisfacenti le dinamiche occupazionali che, a loro volta, sostengono i redditi e i consumi. Un circolo virtuoso», sottolinea lo studio, «che si stenta ad apprezzare pienamente nel dibattito mediatico». In effetti sui giornaloni tengono banco i ripetuti allarmi su tenuta dei conti e congiuntura economica, alimentati dalle opposizioni e rinfocolati com’è accaduto in settimana dalle reprimenda degli organismi internazionali. Ultima in ordine di tempo quella del Fondo monetario internazionale. Insomma, l’economia reale sta molto meglio di quanto lascino credere le previsioni apocalittiche della sinistra e dei sindacati.

 

 



 

NUMERI PIÙ POSITIVI

La striscia di dati positivi riferita a febbraio e a marzo, puntualmente segnalati dall’analisi Confcommercio, è corposa. La fiducia delle imprese, l’occupazione, la produzione industriale e le vendite al dettaglio indicano in prevalenza un andamento positivo. E «resta molto buono, anzi eccezionale, il riscontro sulle presenze turistiche: a febbraio +12,3% nel complesso sul 2023 e, quindi, record di sempre. Non solo: nel mese anche le presenze di italiani in Italia fanno segnare un +7,2%». Questo per dire che non si tratta di ottimismo estemporaneo. «Tutto ciò considerato», si legge nell’analisi congiunturale, «in linea con i nuovi indicatori mensili la nostra stima di crescita per il primo trimestre del Pil è rivista al rialzo: +0,3% in luogo dello 0,1% stimato nella precedente Congiuntura, con un tendenziale che passerebbe da +0,3% a +0,5%. Il raggiungimento di obiettivi medi annui attorno all’1% resta difficile, ma per nulla impossibile, anche se ad aprile il Pil mensile avrebbe rallentato allo 0,1% congiunturale, conseguendo comunque un incremento tendenziale dell’1,2% grazie a un favorevole effetto base». Insomma, le previsioni del governo non sono campate in aria. Al contrario tutti gli indicatori fanno pensare che la crescita possa proseguire, nonostante il macigno del tassodi riferimento che la Banca centrale europea ha lasciato invariato al 4,50%, benché in molti Paesi l’inflazione sia ormai prossima all’obiettivo del 2%, o addirittura inferiore. Come nel nostro caso, visto che «dopo la risalita di marzo con un +1,2% tendenziale», l’ufficio studi di Confcommercio prevede un «rallentamento ad aprile (+1% nel confronto annuo). In particolare, si confermano in ulteriore raffreddamento i prezzi degli alimentari la cui dinamica si sta progressivamente avvicinando al dato generale».

 

 

 

CAROVITA IN FRENATA

E proprio gli ultimi dati sul carovita orientano al bello le previsioni dei commercianti: «Il permanere dell’inflazione sui valori che la nostra economia aveva sperimentato negli anni precedenti alla fiammata registrata tra la fine del 2021 e gli ultimi mesi del 2022, soprattutto per i beni acquistati con maggior frequenza, è una delle premesse per spingere le famiglie a moderati miglioramenti dal lato della domanda». Fra l’altro, l’allentamento della stretta monetaria che salvo sorprese la Bce dovrebbe avviare già nel mese di giugno, non potrà che rafforzare gli indicatori relativi ai consumi e alla propensione all’acquisto. Dunque, nonostante permanga un’ampia area di incertezza legata alle tensioni internazionali, il nostro barometro economico rimane comunque orientato al bello. Ed è sempre meno spiegabile, come segnala opportunamente Confcommercio nell’analisi, come possano dominare il dibattito mediatico i temi negativi.

 

 

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