Cerca
Cerca
+

Carlo De Benedetti, le sue "imprese": il crac Sorgenia tra aiuti pubblici e Mps

Sandro Iacometti
  • a
  • a
  • a

Vi ricordate il crac di Mps, il processo per disastro ambientale per la centrale a carbone di Vado Ligure e il discusso meccanismo dei sussidi pubblici green Cip6 concessi anche a chi opera coi combustibili fossili? Vi potranno sembrare tre vicende totalmente slegate tra loro, ma c’è un filo “rosso” che le unisce. Dietro a tutte spunta, direttamente o indirettamente, il nome di Carlo De Benedetti, che a quanto pare deve aver ritrovato la sua tessera numero uno del Pd (diceva polemicamente di non averla mai ricevuta) e ha deciso che a dargli fastidio non sono più i suoi figli, accusati più volte di aver svenduto la Gedi (con le sue storiche testate) agli Elkann, ma l’editore di Libero, Il Tempo e Il Giornale.

Eh sì, dopo aver fatto il bello e il cattivo tempo per decenni con la sua Repubblica, aver ottenuto generosi finanziamenti dalle grandi banche italiane di sistema, ma soprattutto da quella rossa di Siena, aver usufruito delle privatizzazioni di Bersani per acquisire aziende e aver incassato per anni generosi incentivi provenienti dalle tasche dei contribuenti, De Benedetti si è convinto che la famiglia Angelucci debba rendere conto della sua attività imprenditoriale, perché possiede dei quotidiani e opera nella sanità, dove le aziende private svolgono un ruolo sussidiario rispetto al pubblico e ricevono per questo dei corrispettivi da parte del Servizio sanitario nazionale. Una miscela che, secondo Il Domani, quotidiano che De Benedetti ha fondato per consolarsi della perdita di Repubblica, porta necessariamente ad affari loschi e poco raccomandabili.

Ieri su Libero abbiamo citato Marco Tronchetti Provera che consigliava all’ingegnere di non mettersi a fare la morale dopo gli inciampi nel crack Ambrosiano, alla Olivetti e alla Fiat. Suggerimento purtroppo non raccolto. Evidentemente c’è ancora qualcuno che ignora che tra il bue e l’asino, solo uno dei due ha le corna. Ma torniamo alle nostre tre vicende apparentemente scollegate. Tutto ruota intorno a Sorgenia, società nata nel 1999 sull’onda della liberalizzazione dell’energia voluto da Pierluigi Bersani. Il controllo dell’azienda era in capo alla Cir, holding allora guidata da Carlo De Benedetti. Nel 2003, sempre grazie all’iniziativa negli anni precedenti dell’esponente del Pd, che diede il via alla privatizzazione delle cosiddette Genco di Enel, anche Tirreno Power, titolare della centrale a carbone di Vado Ligure, entra nel perimetro di Sorgenia.

Com’è finita tutta l’operazione è stato lo stesso De Benedetti ad ammetterlo nel 2014 di fronte ai suoi azionisti: «Un insuccesso». Ma è interessante sapere cosa c’è nel mezzo. Intanto ci sono i finanziamenti pubblici alle rinnovabili. Sorgenia produce energia con centrali termoelettriche alimentate a gas o a carbone, quindi c’è poco di ecologico. Ma un meccanismo contestato anche dalla Ue ha previsto fino a qualche anno fa, poi i sussidi si sono progressivamente ridotti fino a morire, che anche le fonti assimilate a quelle pulite potesse usufruire degli incentivi. Per diventare fonte assimilata bastava utilizzare un po’ di scarti della produzione per produrre biomasse o recuperare calore dai processi produttivi. Il risultato, come ha spiegato qualche anno fa l’ex presidente dell’Authority dell’energia Guido Bortoni, è che sulle bollette dei cittadini, dal 2001 al 2020 sono stati caricati circa 30 miliardi per il Cip6. Difficile dire con esattezza quanti di quei soldi siano finiti in tasca a De Benedetti, ma delle stime indicano in circa 20 milioni la dote annua per Sorgenia.

Soldi che però non sono bastati. A fine 2013 il debito è arrivato a 1,8 miliardi e la Cir ha dovuto azzerare la partecipazione in bilancio. Nel 2015 la società si salva con un aumento di capitale sottoscritto interamente dalle banche creditrici, che acquisiscono il controllo dell’azienda. Nel 2016, uscita la famiglia De Benedetti, Sorgenia chiude in utile e con un debito sceso a 882 milioni. Lo sforzo più grande per il salvataggio lo ha fatto Mps, che nello stesso periodo è stata a sua volta salvata dai contribuenti con l’esborso di quasi 6 miliardi da parte dello Stato. Inutile dire che quando si è fatta la lista dei prestiti facili concessi dall’istituto controllato di fatto dal Pd toscano e nazionale a soggetti inadempienti che hanno affossato la banca, Sorgenia era in cima alla lista, con 600 milioni di sofferenze.

Non ultimo, c’è il pasticcio di Vado Ligure. Alla fine il tribunale ha assolto tutti i manager, non riuscendo a dimostrare un collegamento diretto tra l’inquinamento della zona e la centrale a carbone. Ma le vittime dei fumi della centrale, prima sequestrata e poi chiusa, sono rimasti di un’altra idea. La stessa che hanno le vittime dell’Ilva, che la Repubblica di De Benedetti non smetteva di difendere, puntando il dito su quei farabutti della famiglia Riva. Il lupo perde il pelo, evidentemente, ma non il vizio.

***

SORGENIA E' IN SALUTE E MACINA PROFITTI
Ricavi consolidati del gruppo a 3,1 miliardi di euro, Ebitda a 181 milioni di euro e utile netto di 6 milioni. Con un patrimonio di 1,1 miliardi e una posizione finanziaria netta a 0,4 miliardi di euro. Il tutto con quasi un milione di clienti. La Sorgenia di oggi è lontana anni luce da quella controllata dalla Cir di Carlo De benedetti e travolta dai debiti nel 2014. Una storia antica che un paio di giorni fa abbiamo raccontato su Libero. Sorgenia, oggi controllata da F2i-Asterion, joint venture con il fondo d’investimento spagnolo, ha ora una nuova vita che giustamente rivendica. «Da anni», spiegano dall’azienda, «Sorgenia è un’azienda sana, chiude i bilanci in attivo e ha una stituazione finanziaria tra le migliori del settore. Crediamo sia doveroso nei confronti dei lettori e nostri dar conto di questa realtà». Lo crediamo anche noi. E ci scusiamo se, per ricordare le disavventure dell’ingegnere, abbiamo ingenerato false credenze su un marchio che, archiviata l’era Cir, è tornato a volare.

Dai blog