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Auto, immatricolazioni a picco: calo del 10,7%. E Stellantis riesce a far peggio

Sandro Iacometti
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Veicoli che si incendiano, crollo delle vendite, altra cassa integrazione negli stabilimenti italiani. Non è facile immaginare cosa potrà dire Carlos Tavares l'11 ottobre in Parlamento. Le alternative non sono molte: o nascondere la verità, come ha già fatto altre volte, prospettando miracolose ripartenze del business e ribadendo la centralità dell'Italia nelle strategie del gruppo controllato a metà (almeno dal punto di vista delle quote societarie) dagli Agnelli-Elkann, oppure rimangiarsi il suo recente sostegno ai diktat Ue sulle emissioni e ammettere che sì, lo stop ai motori endotermici sta terremotando tutto il settore dell'automotive e lui non ha colpe. La terza via, che richiederebbe una dose sovrumana di faccia tosta dopo aver delocalizzato tutta la produzione delocalizzabile, sarebbe quella di chiedere alla politica altri soldi dei contribuenti.

Ma l'uomo, malgrado gli ormai evidenti errori manageriali, non è stupido e sa perfettamente che riceverebbe solo torte in faccia. Considerato che oramai l'irritazione nei suoi confronti è diventata bipartisan e neanche gli uomini di Maurizio Landini sembrano più disposti a fargli da sponda per non turbare i rapporti tra la Cgil e i quotidiani del gruppo Gedi (controllato dalla Exor di John Elkann). Qualunque strada sceglierà, sarà decisamente in salita. La crisi dell'auto è globale, e pesantissima in Europa. Ma lo scenario in cui si muove Stellantis inizia ad essere catastrofico. Ad agosto le vendite complessive nel Vecchio Continente sono crollate del 16,5%, però quelle del gruppo guidato da Tavares sono scivolate addirittura del 28,7%. E le cose non vanno bene neanche negli Stati Uniti, uno dei principali mercati di Stellantis. Al punto che la società lunedì scorso ha dovuto annunciare una riduzione delle consegne alla rete di più di 200.000 veicoli nel secondo semestre, il doppio della stima precedente. Il margine del risultato operativo adjusted è atteso tra il 5,5% ed il 7% per l'intero 2024, in calo rispetto al precedente "double digit", mentre il free cash flow industriale, prima positivo, è previsto in rosso tra 5 e 10 miliardi (numeri che hanno provocato un crollo in Borsa del 14,7% non seguito ieri da un rimbalzo, ma da uno striminzito +0,16%). Cattive notizie a cui si sono aggiunte quelle che riguardano proprio i veicoli ecologici su cui Tavares dice di non voler tornare indietro. Non tanto la Fiat 500 che si è incendiata in un garage a Pantigliate, in provincia di Milano.


 

Una fatalità può capitare, anche se in Corea del Sud i casi di autocombustione di auto green di diversi marchi si sono moltiplicati e hanno spinto le autorità a mettere in guardia le case automobilistiche sulla provenienza delle batterie. Il problema sono le quasi 200mila Jeep ibride (Wrangler e Grand Cherokee) di cui Stellantis ha chiesto in questi giorni il ritiro dopo le segnalazioni di dozzine di incendi. Ma in fondo la convocazione di Stellantis in Parlamento non riguarda il futuro della mobilità green, il crollo dei colossi tedeschi o le grane mondiali del gruppo. Quello che interessa a maggioranza, opposizioni, sindacati e, soprattutto, ai 40mila lavoratori della ex Fiat (più le altre decine di migliaia impiegate nella componentistica) è capire cosa intendono fare Tavares e gli Elkann in Italia. E su questo fronte le cose vanno malissimo.

Ieri, tanto per dire, è stato annunciato che a causa della «mancanza di ordini legata all’andamento del mercato elettrico in Europa che è profondamente in difficoltà» lo stabilimento di Mirafiori, che produce la 500 a batteria e le Maserati, resterà fermo anche ad ottobre. Tutti in cassa integrazione fino al 4 novembre. Salvo nuove brutte sorprese, che sono tutt’altro che escluse. La ciliegina sulla torta del disastro Stellantis è infatti arrivata ieri pomeriggio, con la diffusione dei dati sulle vendite in Italia di settembre. Il mercato, come era prevedibile, è andato male: 121.666 immatricolazioni, con un calo del 10,7% rispetto a settembre 2023, che aveva totalizzato 136.316 unità. «Resta», ha commentato l’Anfia, «una flessione a doppia cifra, confermando il crollo del 13,4% già registrato ad agosto». Un trend negativo che ci lascia ben lontani dalla situazione pre Covid (1.916mila unità) portando le previsioni di chiusura per il 2024 da una stima di 1.624.000 unità a 1.555.000 (circa -0,8% rispetto al 2023).

Su chi sia però il vero sconfitto del mese ci sono pochi dubbi. Stellantis a settembre ha venduto 29.375 auto, vale a dire il 33,9% in meno rispetto al 2023, con una performance tre volte peggiore rispetto a quella del mercato. Dati drammatici che si riflettono sulla quota di quel mercato italiano che una volta era il regno incontrastato dei marchi del Lingotto. La percentuale in 12 mesi è scesa dal 32,6 al 24,1%. Ed è una magra consolazione apprendere che il gruppo non va meglio nel suo altro mercato “casalingo” che è la Francia, dove nei primi nove mesi rispetto a un calo generale delle vendite dell’1,76% ha perso il 17,52%, scivolando ad una quota di mercato del 25,9%. Continuare a far finta di nulla e a sorridere, per Tavares, non sarà semplice.

 

 

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