Trump vince sul fisco mondiale: accordo al G7, chi evita la stangata

domenica 29 giugno 2025
Trump vince sul fisco mondiale: accordo al G7, chi evita la stangata
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Sarà pure un pazzoide, sgarbato e poco serio, come sostiene chi la sa lunga, ma Donald Trump continua collezionare successi. Ieri è stato il turno della global minimu tax, un boccone indigeribile che i grandi della terra da anni cercano di trovare il modo di mandare giù senza risultati di rilievo. Ebbene, l’accordo adesso sembra arrivato. E per quanto il regime di esenzioni per le imprese Usa (in particolare le big tech) possa senza dubbio far parlare di vittoria del tycoon, sembra che la soluzione raggiunta accontenti un po’ tutti.

Il nostro ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, parla di «un compromesso onorevole trovato con l'amministrazione americana che protegge le nostre imprese dalle ritorsioni automatiche» originariamente previste da una norma all’esame del Senato americano. Si tratta della cosiddetta “revenge tax”, un emendamento alla legge di spesa di Trump che avrebbe consentito agli Stati Uniti di rivalersi contro tasse all'estero ritenute discriminatorie. Ma l’esponente della Lega, si sa, fa poco testo. Esponente di un governo guidato da quella Giorgia Meloni che Elly Schlein definisce «vassalla di Trump».

Ascoltiamo allora il giudizio del numero uno dell’Ocse. La dichiarazione dei Paesi del G7 in materia di tassazione globale delle multinazionali, ha spiegato il segretario generale dell’organizzazione, Mathias Cormann è, udite udite, «una pietra miliare nella cooperazione fiscale internazionale» che «spiana la strada agli accordi per la global minimum tax» e a una «riforma vitale nel sistema di tassazione internazionale».

L’accordo, secondo il capo dell’Ocse che lavora al dossier da anni e nel 2021 era riuscito ad ottenere una specie di convergenza rivelatasi poi inefficace, «offre l'opportunità di conseguire lo scopo originale»: ossia «stabilire con un accordo multilaterale delle limitazioni alla competizione fra Paesi sulla tassazione delle imprese» e «salvaguardare la base imponibile dei governi». Inoltre, ha proseguito, un accordo sulle linee delineate dalla dichiarazione G7 «darebbe alle imprese di tutto il mondo la certezza e stabilità di cui hanno bisogno». Insomma, sembra si tratti di una svolta epocale.

Nel dettaglio, come ha spiegato le presidenza canadese del G7, è stata accettata la proposta di soluzione “parallela” degli Stati Uniti, in base alla quale «i gruppi controllati da società statunitensi sarebbero esentati dalla norma sull'inclusione dei redditi (IIR) e dalla norma sugli utili sottotassati (UTPR), in riconoscimento delle norme fiscali minime statunitensi esistenti a cui sono soggetti». Questo consentirà di «preservare gli importanti risultati ottenuti dalle giurisdizioni nell'ambito del Quadro inclusivo nella lotta all'erosione della base imponibile e al trasferimento degli utili e garantire maggiore stabilità e certezza al sistema fiscale internazionale in futuro». La realizzazione di un sistema parallelo, si legge ancora nella nota del G7, «faciliterà ulteriori progressi verso la stabilizzazione del sistema fiscale internazionale, compreso un dialogo costruttivo sulla tassazione dell'economia digitale e sulla salvaguardia della sovranità fiscale di tutti i paesi».

La partita, ovviamente, è tutt’altro che chiusa. La dichiarazione del G7 non è vincolante e qualsiasi proposta dovrà essere approvata da 147 paesi dell’organizzazione come fu nel 2021. Ma il passo in avanti è difficilmente contestabile.

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