Borse da record e spread ai minimi storici. Anche oggi nel baratro ci cadiamo domani. Il che è una bella fortuna considerato che, a sentire espertoni, sindacati e opposizioni, l’Italia oscilla pericolosamente sull’orlo del precipizio da quasi 3 anni. Da quando, per essere chiari, il centrodestra ha preso il timone del Paese. Vi ricordate l’autunno, ovviamente “nero”, del rating? Le agenzie internazionali avrebbero dovuto farci a pezzi, mettere in riga quegli sprovveduti sovranisti e antieuropeisti che non sanno far di conto. Com’è finita lo sappiamo, sono piovute conferme e promozioni a raffica, in cui i custodi del rating hanno sottolineato e lodato la prudente gestione dei conti, la ritrovata credibilità internazionale e gli effetti positivi della stabilità di governo. Non chiacchiere e distintivo, ma fatti che hanno riportato gli investitori internazionali a fare man bassa dei nostri titoli di Stato, sicuri e con buoni rendimenti.
Tanto per avere un’idea, lo spread tra Btp e Bund tedeschi nell’autunno del 2022, quando Giorgia Meloni è sbarcata a Palazzo Chigi, viaggiava sui 240 punti base. Volete sapere a quanto a chiuso ieri? Beh, a 79,8. Un livello che non si vedeva dal 2010, prima che la crisi dei debiti sovrani terremotasse l’Europa e, soprattutto, l’Italia, con la defenestrazione di Silvio Berlusconi e l’avvento dell’era dei tecnici guidati dal professor Mario Monti.
Toh, i dazi non fanno esplodere l'inflazione
Qualcuno, anche di qua dell'oceano, forse dovrebbe fare ammenda, confessando che del ciclone Donald Trump e delle su...Vabbè, dicono i sapientoni, lo spread scende per le difficoltà della Germania. In parte nell’ultimo anno è stato così. Resta, però il fatto che oggi siamo a 80 punti dai granitici titoli decennali tedeschi e a un passo da quelli della Francia. E volendo guardare ai rendimenti, che più sono bassi più indicano la forza di chi emette il bond, a settembre 2022 erano al 4,5%, ieri hanno chiuso al 3,48%, più di un punto percentuale secco in meno.
Ma che c’importa dei bond. Ora è periodo di vacanze e le difficoltà del governo si vedono dalle spiagge vuote e dai rincari che non consentono agli italiani di andare in villeggiatura. Le bufale della sinistra su secchielli e palette le abbiamo già smentite nei giorni scorsi numeri alla mano, ma c’è un altro dato che merita di essere snocciolato, considerato che nessuno o quasi oggi ve ne darà notizia. Molti ricorderanno la valanga di polemiche che ha accompagnato negli anni scorsi ogni episodico aumento del carburante, ovviamente provocato dalle dissennate politiche del governo. Ecco, potete star certi che a sinistra oggi non ci saranno applausi all’indirizzo di Palazzo Chigi perla discesa dei prezzi che a ferragosto renderà il pieno molto più economico. La benzina è a 1,71 euro/litro, il gasolio a 1,64 euro/litro.
Si tratta, udite udite, di tariffe che non si vedevano dal 2021, prima che iniziasse la guerra tra Russia e Ucraina. La verità, per chi ha ancora voglia di conoscerla, è che non era colpa del governo allora e non è un suo merito oggi, perché i prezzi alla pompa dipendono dal mercato internazionale del greggio. Ma arriviamo ai mercati e allarghiamo il cerchio del compasso, perché qui il baratro si estende fino all’altro lato dell’Oceano. Quello che accade negli Stati Uniti è noto a chiunque non sia accecato dall’odio per Trump. Malgrado un po’ di saliscendi legati ai vari annunci dei dazi, le Borse americane corrono che è una meraviglia. Anche perché dell’inflazione annunciata da esperti di economisti come una sorta di invasione delle cavallette non c’è traccia: a luglio è rimasta perfettamente stabile.
Le Borse in picchiata dopo i guadagni. Dazi? No: cos'ha causato il ribasso
Nel giorno in cui è arrivatala conferma dei dazi al 15% secondo il discusso accordo raggiunto in Scozia nei giorn...E Wall Street ieri ha inanellato la solita sfilza di record alla faccia dei gufi. Ma il bello è che stanno andando alla grande anche i listini europei, quelli che avrebbero dovuto subire il durissimo contraccolpo dei dazi al 15% decisi dalla Casa Bianca. Stangata fatale per il Vecchio Continente, si è detto da più parti. Eppure, gli investitori non sembrano essere così preoccupati del futuro delle società quotate. Anche ieri le borse europee hanno archiviato la seduta in territorio positivo. Guadagni sotto il punto percentuale per una seduta comunque solida, sostenuta dalla speranza che la Fed possa tagliare i tassi il prossimo meeting di settembre. Francoforte ha chiuso con un rialzo dello 0,69%. Variazione simile per Parigi: +0,66%. Più cauta la borsa di Londra, sopra la parità dello 0,19%. Ma la vera sorpresa arriva dalla nostra Piazza affari, il listino di quell’Italia che resta il vaso di coccio in mezzo ai giganti europei ed è guidata da una premier totalmente isolata e sperduta. Bene, ieri la Borsa di Milano ha chiuso, trainata principalmente dai bancari, l’ennesima seduta record, con un +0,6% che le ha consentito di superare di nuovo la soglia dei 42mila punti e di lasciarsi alle spalle le crisi degli ultimi 20 anni. L’apocalisse può attendere.