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L'Italia ha bisogno di un polo bancario che aiuti le imprese

Diversi rapporti di altrettanti istituti di ricerca sullo stato di salute socio-economico del nostro Paese indicano la via che dovrebbe essere percorsa
di Bruno Villoissabato 20 settembre 2025
L'Italia ha bisogno di un polo bancario che aiuti le imprese

( PixaBay)

3' di lettura

I vari rapporti di diversi istituti di ricerca sullo stato di salute socio-economico del nostro Paese, fanno emergere uno stato cognitivo di una medietà in cui è intrappolato da diverso tempo. Un modus vivendi e operandi che esprime un galleggiamento che a poco è servito in questa prima parte di secolo e ancor meno servirà negli anni a venire. A fronte di queste considerazioni derivanti da inoppugnabili fatti che riguardano la deindustrializzazione in corso ormai da 4-5 lustri, il costante calo del reddito procapite disponibile di oltre 7 punti, una scolarizzazione sempre più generica e non in grado di formare quanto domanderebbe, il sistema economico è ancora di un orizzonte mirato ai servizi in cui a dominare è l’attrattività turistica e di business.

Finora a fare la differenza è stata la sola Milano, visto che solo lì si sono insediati molteplici head quarter globali, a cui è seguito un forte impulso di iscrizioni di studenti stranieri agli atenei e all’insediamento residenziale di un elevato numero di dirigenti e loro famigliari, condizioni che hanno messo le basi per una svolta impensabile precedentemente.

Puntare su quest’ultimo vasto e redditizio filone sarebbe ideale per ridare impulso al sistema socio economico italiano, ma per riuscirci servirebbe clonare la capacità milanese di fare, rischiare, innovare e modernizzarsi. Per riuscire nell’intento di costituire modelli impostati come quello milanese, almeno nei principali capoluoghi di regione, ci sarebbe bisogno di una classe politica nazionale che, come succede a Milano da diversi decenni, sa coalizzarsi sulle soluzioni dei problemi appoggiandosi alla classe dirigente della società civile. Ma servirebbe anche un sistema bancario, i cui capisaldi sono interamente localizzati in Milano, che si dimensiona anche a livello europeo e in parte mira a rafforzare il territorio. Ovvero i due poli di maggiori dimensioni, Intesa e Unicredit, in grado di conquistare vertici europei in modo da accompagnare le imprese italiane nella sfida globale, e un terzo, in possibile fase di costruzione da parte di Banco BPM, terza banca italiana, che ha scalato, meglio di ogni altro suo competitor, la posizione, grazie all’efficientamento gestionale-organizzativo, mettendo al centro del suo core le famiglie e le imprese di ogni dimensione, con particolare attenzione alle medie e piccole, ottenendo un rafforzamento delle priorità territoriali.

La medietà italiana è assai differenziata non solo tra nord, centro, sud e isole, ma anche nelle stesse aree territoriali. Per poter uscire da questa posizione di galleggiamento ci sarà sempre più necessità di un pilastro bancario mirato e concentrato sul territorio, che disponga però delle condizioni di sapersi e potersi affiancare ai due maggiori poli. Un terzo polo bancario che stimoli e supporti le potenzialità delle Pmi aumentandone anche la crescita dimensionale e quindi l’occupazione. Le opzioni in campo aiuterebbero meglio il sistema socio economico nostrano se Unicredit si indirizzasse esclusivamente a conquistare almeno la seconda o terza posizione in Europa con l’acquisizione della tedesca Commerz e, parimenti, Banco Bpm potesse proseguire nella costruzione del terzo polo in piena autonomia, come ha fatto finora con l’ingresso in Mps e acquisendo l’intera Banca Anima, magari fondendosi con Credit Agricol Italia, la cui controllante è già primo azionista con il 20% del capitale della banca di piazza Meda.