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Cari gay, sposatevi ma non fatevi usare dai sindaci rossi

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Maurizio Belpietro
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Premessa: sono assolutamente favorevole a trovare una formula che legalizzi le unioni tra persone dello stesso sesso. Chiamateli matrimoni, chiamateli pacs, come un tempo li voleva chiamare Rosy Bindi, chiamateli pure come vi pare, ma fateli, perché se due persone hanno deciso di stare insieme e di formare una coppia, mi pare giusto che possano avere modo di regolarizzare la loro situazione, i loro affari e anche le vicende private di tipo sanitario che li riguardano, indipendentemente dalle loro inclinazioni sessuali. Vi pare mai possibile che due signori, i quali convivono da vent'anni, non possano avere gli stessi diritti di coniugi che si sono sposati da pochi mesi, e dunque se uno dei due finisce in ospedale l'altro per legge non ha possibilità di assisterlo e di ricevere informazioni mediche sul suo stato di salute? A me pare una stupidaggine, così come mi pare una stupidaggine e una meschineria che il partner di Lucio Dalla sia stato messo alla porta il giorno dopo la morte del cantante, senza che gli sia stato consentito alcun diritto non dico all'eredità, ma anche nella conservazione della memoria del compagno di vita. Tutto ciò premesso, forse qualche lettore si chiederà perché all'improvviso io parli della faccenda delle unioni gay, tralasciando altri fatti di giornata come ad esempio la situazione drammatica di Genova sotto la pioggia o l'altrettanto drammatica situazione dei nostri conti pubblici. Rispondo subito: se ne scrivo è perché mi ha molto colpito la strumentale polemica dei giorni scorsi a proposito della registrazione, in alcuni comuni italiani, di matrimoni celebrati all'estero fra persone omosessuali. Clicca e leggi l'editoriale integrale di Belpietro in versione pdf

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